Pois a fondo pagina |
Hotel Ristorante Montebaldina, Lumini
Gelateria San Marco, Caprino Veronese
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POIS
Lumini è una frazione del comune di San Zeno di Montagna con circa 150 abitanti. Secondo la tradizione, il nome del piccolo borgo deriva dalla presenza, in tempi antichi, di branchi di lupi tenuti lontani con dei fuochi che, a distanza, di notte, sembravano dei lumi.
Si narra che i primi abitanti del luogo siano stati nomadi giunti dal Montenegro con le loro mandrie e la loro “regina”, una donna forte e coraggiosa. Si stabilirono in questa zona incantata, attirati dall’estensione dei verdi prati circondati da boschi e da castagneti, luogo ideale per la pastorizia e l’agricoltura. Sorsero perciò numerose stalle per l’allevamento bovino, mentre venne data particolare importanza alla coltivazione dei castagni, coltivazione che con il passare degli anni è stata sempre più migliorata e incrementata, fino ad ottenere il marchio di tutela europeo DOP (denominazione di origine protetta). E proprio in località Ca’ Longa, una contrada poco distante dalla frazione, si erge un maestoso castagno ultrasecolare squarciato da un fulmine, al cui interno si può ammirare un rustico capitello dedicato alla “Madonna del castagnàr”: la festa in suo onore è il giorno di Ferragosto con una celebrazione religiosa per proteggere tutti i contadini e gli allevatori.
La vicinanza a Caprino ha poi favorito la volontà di permanenza della popolazione in questo tranquillo e appartato borgo.
Un cenno particolare merita la chiesa parrocchiale, eretta nel 1724 e dedicata a San Luigi, la cui statua è venerata all’interno del tempio: la festa religiosa cade il 21 giugno, ma nella parrocchia viene festeggiato l’ultima domenica di luglio per dare spazio alla festa popolare.
Particolarmente interessante è il centro storico del piccolo borgo, negli ultimi tempi oggetto di un restauro conservativo particolarmente rispettoso della tipologia edilizia locale.
Si narra che i primi abitanti del luogo siano stati nomadi giunti dal Montenegro con le loro mandrie e la loro “regina”, una donna forte e coraggiosa. Si stabilirono in questa zona incantata, attirati dall’estensione dei verdi prati circondati da boschi e da castagneti, luogo ideale per la pastorizia e l’agricoltura. Sorsero perciò numerose stalle per l’allevamento bovino, mentre venne data particolare importanza alla coltivazione dei castagni, coltivazione che con il passare degli anni è stata sempre più migliorata e incrementata, fino ad ottenere il marchio di tutela europeo DOP (denominazione di origine protetta). E proprio in località Ca’ Longa, una contrada poco distante dalla frazione, si erge un maestoso castagno ultrasecolare squarciato da un fulmine, al cui interno si può ammirare un rustico capitello dedicato alla “Madonna del castagnàr”: la festa in suo onore è il giorno di Ferragosto con una celebrazione religiosa per proteggere tutti i contadini e gli allevatori.
La vicinanza a Caprino ha poi favorito la volontà di permanenza della popolazione in questo tranquillo e appartato borgo.
Un cenno particolare merita la chiesa parrocchiale, eretta nel 1724 e dedicata a San Luigi, la cui statua è venerata all’interno del tempio: la festa religiosa cade il 21 giugno, ma nella parrocchia viene festeggiato l’ultima domenica di luglio per dare spazio alla festa popolare.
Particolarmente interessante è il centro storico del piccolo borgo, negli ultimi tempi oggetto di un restauro conservativo particolarmente rispettoso della tipologia edilizia locale.
Capitale del Monte Baldo, Caprino, stesa ai piedi di questo massiccio che divide la valle dell'Adige dal Lago di Garda, ha sempre rappresentato un punto di riferimento per le varie economie che qui s'incontrano: l'economia gardesana e quella montana, I'economia della valle dell'Adige e quella della vicinissima pianura. Posizione strategica dunque, e tale da condizionarne in modo spesso diretto la storia.
La strada che attraverso la piana di Caprino, già sede della vecchia ferrovia e prima ancora strada comunale persistita forse sul decumano romano Costermano-Caprino, è l'asse attorno al quale si è riorganizzato in questi tempi tutto il territorio, dopo una crescita spontanea registrata negli ultimi decenni sulla linea pedemontana Lubiara-Caprino-Pesina divenuta perciò un vero e proprio continuum urbanistico. Ai quattro centri più importanti del Comune - e cioè a Caprino, Pazzon, Pesina e Spiazzi - fanno capo una miriade di contrade minori, tutte d'antica formazione. A Caprino confluiscono direttamente Boi di Pesina, Ceredello, Gaon, Lubiara, Rubiana di Sopra, nonché gli abitati di Acque Berra, Boschi, Caiar Dosso Berra, Dosso di Rubiana, Fornase, Gamberon, Molini, Platano, Pragrande, Rubiana di Sotto, Scalette e Zovo. A Pazzon fanno invece riferimento Porcino e Vilmezzano con gli abitati minori di Braga, Coalini, Moia, San Martino, Vezzane. A Pesina gli abitati minori di Giare e Piozze. A Spiazzi infine gli abitati minori di Coliel e Croce, oltre che, beninteso, le solite case sparse. Ci troviamo anche qui di fronte ad un'organizzazione storica e del territorio per gruppi sparsi di case: nuclei costituitisi di volta in volta attorno a molini che utilizzano acque di sorgenti (come ad esempio Caiar e Vilmezzano) o in posizioni strategiche sulle strade di accesso agli alti pascoli baldensi (come Braghizzola) o ai margini di vallette e dossi tutti coltivati con legnose (ciliegi, viti ecc.) e seminativi o nel mezzo della piana dove vecchie case sono ancora al servizio di una florida agricoltura. Fino alla Grande Guerra il distretto di Caprino era terra di confine con l'Impero Austro-Ungarico. E forse anche a ciò si deve la propensione dei Caprinesi al commercio. Anzitutto quello secondo le leggi, lungo le strade che salivano dal Garda e l'importantissima arteria che partendo da Verona si congiungeva, dopo Bussolengo, con l'altra proveniente dal Mantovano per Pastrengo e Rivoli e diretta a Belluno Veronese e quindi ad Ala, seguendo la riva destra dell'Adige. Ma poi anche, almeno si dice, quello contro le leggi, e cioè il contrabbando. Il commercio principale dalle terre del distretto era rappresentato dall'industria enologica, poiché Caprino e il suo territorio, più ancora che altre zone della provincia, era considerato luogo vinifico per eccellenza ed il vino di Caprino era un prodotto reclamizzato come assai buono e quindi assai ricercato. Seguivano per importanza la produzione dei cereali e quella della frutta e dei foraggi, ma anche l'allevamento del bestiame, specie di quello bovino e del pollame, era fonte di gran lucro per la popolazione. In collina la terra dava dunque i prodotti della vite e dell'olivo, in pianura biondeggiavano i grani e lussureggiavano i gelsi, mentre in montagna si producevano le castagne, i fieni, le patate, la segala. Quando poi vi ebbero sviluppo le prime attività industriali, furono valorizzate oltremodo nel distretto vecchie e già importanti cave di marmi, cui si aggiunsero fornaci, industrie tessili, tintorie, fabbriche di prodotti alimentari, latterie, caseifici e carderie ed altri minori e casalinghe: fra quest'ultime era tenuta in particolare considerazione, per la sua speciale importanza, la tessitura casalinga del cotone e del lino. Di qui il tradizionale mercato del sabato, uno dei più frequentati nella regione, facilitato l'afflusso degli acquirenti dalla ferrovia Verona-Caprino, nata alla fine dell'Ottocento e smantellata soltanto nell'ultimo dopoguerra. Vere e proprie piccole fiere agricole settimanali, questi mercati erano l'annuncio o il seguito della grande fiera che dava luogo a molti scambi e importanti contrattazioni e che si teneva in marzo: precisamente a cominciare dal terzo venerdì di quel mese fino alla successiva domenica.
In un centro di così grande interesse commerciale non potevano mancare i monumenti importanti e le dimore signorili. Imponente è ad esempio la chiesa parrocchiale, eretta nel 1769 da Adriano Rossi con la facciata rifatta nel 1803 e la torre campanaria costruita nel 1870, il tutto sul luogo di una precedente chiesa dedicata a Santa Maria Maggiore ricordata come pieve da Eugenio III in una sua bolla del 1145. Era stato papa Onorio III a confermare una deliberazione del vescovo di Verona Norandino con cui si era stabilito che la chiesa di Caprino avesse - a somiglianza del collegio apostolico - dodici canonici.
Sempre alla parrocchiale di Caprino fanno capo anche la cappella del Sepolcro in Cimitero (con una serie di statue quattrocentesche rappresentanti appunto la deposizione di Cristo nel Sepolcro ed ora trasportate per motivi di sicurezza nel museo di Villa Carlotti) e gli oratori di San Pancrazio, di Sant'Eurosia in contrada Rubiana, di Santa Cristina in contrada Ceredello (sec. XIII), di San Rocco in contrada Gaon e di Santa Maria della Mercede in contrada Boi.
Sempre nel capoluogo si trova la villa Carlotti, che fu dei Vimercati e che ora è sede del Comune. Villa seicentesca, un tempo assai bella, non ha più l'antico parco e giardino. Restaurato a cura del Comune, l'edificio conserva la sua imponenza e l'eleganza della linea architettonica, specie nella facciata ed in esso, con il Municipio, è sistemato anche un museo aperto nel 1976 e che raccoglie in quattro salette fossili della zona, materiali archeologici preistorici e romani, documenti fotografici sulla vecchia Caprino e varie sculture fra cui il Compianto quattrocentesco proveniente dalla Cappella del Cimitero.
Ancora nel capoluogo si trova Palazzo Bagatta, costruzione del '700, con portale ad arco, sulla strada principale, sulla quale prospetta una lunga facciata con attico sormontato da statue. All'interno, il grande cortile rettangolare con porticati è stato trasformato da recenti sovrastrutture utilitarie.
A Pazzon, contrada di Caprino, la chiesa parrocchiale, dedicata ai SS. Vito, Modesto e Crescenzia, risale al sec. XIII, ma ebbe poi varie modifiche fino al 1933. Fu smembrata da Caprino nel 1568 e il battistero a coppa ottagona che custodisce è appunto di quell'anno, mentre un piliere dell'acqua santa è del 1579. Altre chiese ed oratori della parrocchia sono quelli della Beata Vergine del Carmelo di Vilmezzano, dell'Immacolata di Braga, di San Michele Arcangelo (romanica) e di San Martino. La chiesa di San Martino di Pazzon risale, nelle sue strutture più antiche, al secolo decimoterzo. Il campanile a sud dell'abside è però posteriore alla chiesa la quale è, salvo l'abside ed il lato meridionale, tutta circondata da case. Ad una sola navata, è larga metri sei e lunga metri undici: le misure cioè che si ritrovano in tutte le chiesette contemporanee erette nel caprinese (San Pietro in Camporengo, Santa Cristina di Ceredello) dalla pietà delle popolazioni locali che contribuivano un tempo a farle anche officiare.
Sempre a Pazzon si annunzia villa Beccherle, caratteristica casa padronale, sorta sulle vestigia del castello dei conti Colpani, seicentesco. Notevole il viale di cipressi che ne costituisce l'ingresso.
Pesina ha pure una bella chiesa dedicata a S. Gallo, ricostruita nel 1769 e con uno splendido altare maggiore fatto erigere in quell'anno da Almerigo Gonzaga, principe di Castiglione, oblato nell'eremo della Rocca di Garda. In antico però la chiesa sorgeva a mezza collina ed il suo cimitero era soggetto in parte alla pieve di Garda ed in parte a quelle di Caprino. Divenne parrocchia con rector dal 1460. Poco fuori dell'abitato sorge la chiesetta di San Rocco del 1400 e ampliata, dopo una pestilenza, nel 1630. Sempre a Pesina si trova Palazzo Nogarola (ora Abrile) del 1700, formato da una casa padronale e una torre merlata, da un parco non vasto, ma ricco. Ancora a Pesina sono le ville ex Negrelli e Belvedere. Villa ex Negrelli è di origine settecentesca - o forse anteriore - ma molto trasformata. Ha nell'interno decorazioni pittoriche e intorno un denso parco con bei cipressi. Villa Belvedere è una vecchia casa padronale di architettura tipicamente rurale. Forma un unico complesso, con alcune caratteristiche case note col nome di "Canal". L'insieme è notevole anche per il gruppo di piante secolari che lo circonda a protezione dei venti del nord e a consolidamento del terreno franoso della collina su cui le costruzioni sorgono.
Fra Caprino e Spiazzi troviamo la contrada Platano, un tempo feudo di Malaspina, dove sorgono le ville Sometti, ex Nichesola ora Rigo, ex Nichesola ora Zambellini ed ex Nichesola ora Aldrighetti.
Villa Sometti è costruzione di tardo stile rinascimento (sul portone d'ingresso, ora chiuso, c'è la data del 1604) e proviene probabilmente dai beni Nichesola. Ha porte e finestre di pietra ben sagomate, cornici sotto la gronda, vasti rustici intorno.
Villa ex Nichesola ora Rigo avrebbe origine quattrocentesca. Appartenne ai conti Verza prima di passare ai Nichesola, e poi ai Noris. L'attuale edificio è in stile della Rinascenza, con cinque grandi portali in facciata a finestre ben sagomate. Vasto, ma trascurato, il parco con annose piante e laghetto.
Villa ex Nichesola ora Zambellini è del secolo XVI, ma purtroppo è assai abbandonata. L'edificio, che s'appoggia ad una torretta-colombaia con bel camino in cotto, ha portico a colonne toscane, con scala esterna nel fondo, porte e finestre in pietra d'ottima fattura (con inferriate originali sul lato nord, verso la strada), una cornice a denti di sega sotto la gronda, un salone al primo piano con soffitto ligneo. Davanti si stende un piccolo giardino, con una loggetta staccata quasi cadente, e edifici rustici.
Villa ex Nichesola ora Aldrighetti è forse la più antica; ma sebbene piccola di mole appare, dal punto di vista artistico, certo la più interessante. E' una caratteristica costruzione del XV secolo, con tre archi di portico (uno dei quali ora chiuso) e scala esterna, la quale per un arco ascende ad una loggetta, su cui si apre la porta d'accesso. Sopra l'arco e nella loggetta, resti di decorazione a fresco con motivi floreali e sacri.
Spiazzi è la più alta frazione del Comune di Caprino. La piccola chiesa parrocchiale divenne tale di recente: soltanto nel 1954, infatti, essa fu smembrata da Pazzon e da Ferrara di Monte Baldo. Essa è dedicata a Sant'Antonio da Padova.
Nella frazione di Spiazzi si trova il celebre santuario della Madonna della Corona del sec. XV, già sede di alcuni eremiti. La fama del santuario aumentò nel sec. XVIII, quando i cavalieri di Malta fecero rifabbricare la chiesa (1625). Il santuario venne ancora ingrandito e decorato con una facciata gotica nel 1898-99 su disegno dell'ing. Paon, e di recente quasi interamente un'altra volta rifatto.
Fino dalle origini questo santuario era noto col nome di Santa Maria di Montebaldo. Vi si ascende adesso da Caprino e poi vi si discende, per una strada aperta nel masso del monte, da Spiazzi Ma un tempo vi si saliva dalla Valdadige attraverso un interminabile e ripido sentiero gradonato. Nel santuario della Madonna della Corona si venera una statuetta della Madonna che regge in grembo il Cristo morto. La tradizione vuole che l'immagine dell'Addolorata sia miracolosamente apparsa in quel punto nel 1522, quando i Turchi occuparono Rodi, dove essa sarebbe stata in precedenza custodita. La piccola scultura in pietra dipinta è, in effetti, del primo Quattrocento, ma fu donata, probabilmente quale ex-voto, nel 1432, da Ludovico di Castelbarco alla chiesa di Santa Maria di Montebaldo. Il materiale usato è della zona e I'opera si ricollega a noti prototipi locali che a loro volta si rifanno alle forme della "Vesperbild" d'oltralpe.
La devozione alla Madonna della Corona è documentata in molte località della diocesi di Verona e particolarmente nelle parrocchie della Lessinia. A Sant'Anna d'Alfaedo, per esempio, un vecchio quadro rappresenta il trasporto della Madonna della Corona da Rodi alle rocce del Monte Baldo. Da Sant'Anna, come da altre località della Lessinia, quei buoni montanari partivano a piedi per scendere nella Valdadige e risalire quindi dalla valle al celebre santuario.
Per concludere queste note si ricorderà che Caprino fu anche teatro di notevoli fatti d'arme: il paese, ubicato pressoché sul fondo dell'avvallamento esistente fra i monti Belpo e Dosso Duca Pomar -che sono le estreme propaggini meridionali della catena del Baldo - e I'altopiano di Rivoli, ebbe spesso una sua importanza come luogo di raccolta delle forze che, scendendo da nord, si preparavano all'attacco della posizione di Rivoli. Da questo avvallamento mossero appunto, nel mattino del 14 gennaio 1797, le tre colonne centrali (Liptay, Ocsksay e Koblos) che il maresciallo Alvinczy spinse all'attacco diretto dell'altopiano di Rivoli, mentre la colonna Lusigna, da Caprino, per Costermano ed Affi doveva aggirare da ovest la posizione tenuta dai Francesi.
Va ricordato infine che a Caprino da alcuni anni ha ripreso un certo vigore il carnevale che si svolge con una gaia sfilata di maschere e carri allegorici lungo le vie cittadine. Le maschere "tipiche" e per le quali si tenta di formare una tradizione, sono il Re del Baldo, il Duca di Gaon e l'Arabo di Bai.
La strada che attraverso la piana di Caprino, già sede della vecchia ferrovia e prima ancora strada comunale persistita forse sul decumano romano Costermano-Caprino, è l'asse attorno al quale si è riorganizzato in questi tempi tutto il territorio, dopo una crescita spontanea registrata negli ultimi decenni sulla linea pedemontana Lubiara-Caprino-Pesina divenuta perciò un vero e proprio continuum urbanistico. Ai quattro centri più importanti del Comune - e cioè a Caprino, Pazzon, Pesina e Spiazzi - fanno capo una miriade di contrade minori, tutte d'antica formazione. A Caprino confluiscono direttamente Boi di Pesina, Ceredello, Gaon, Lubiara, Rubiana di Sopra, nonché gli abitati di Acque Berra, Boschi, Caiar Dosso Berra, Dosso di Rubiana, Fornase, Gamberon, Molini, Platano, Pragrande, Rubiana di Sotto, Scalette e Zovo. A Pazzon fanno invece riferimento Porcino e Vilmezzano con gli abitati minori di Braga, Coalini, Moia, San Martino, Vezzane. A Pesina gli abitati minori di Giare e Piozze. A Spiazzi infine gli abitati minori di Coliel e Croce, oltre che, beninteso, le solite case sparse. Ci troviamo anche qui di fronte ad un'organizzazione storica e del territorio per gruppi sparsi di case: nuclei costituitisi di volta in volta attorno a molini che utilizzano acque di sorgenti (come ad esempio Caiar e Vilmezzano) o in posizioni strategiche sulle strade di accesso agli alti pascoli baldensi (come Braghizzola) o ai margini di vallette e dossi tutti coltivati con legnose (ciliegi, viti ecc.) e seminativi o nel mezzo della piana dove vecchie case sono ancora al servizio di una florida agricoltura. Fino alla Grande Guerra il distretto di Caprino era terra di confine con l'Impero Austro-Ungarico. E forse anche a ciò si deve la propensione dei Caprinesi al commercio. Anzitutto quello secondo le leggi, lungo le strade che salivano dal Garda e l'importantissima arteria che partendo da Verona si congiungeva, dopo Bussolengo, con l'altra proveniente dal Mantovano per Pastrengo e Rivoli e diretta a Belluno Veronese e quindi ad Ala, seguendo la riva destra dell'Adige. Ma poi anche, almeno si dice, quello contro le leggi, e cioè il contrabbando. Il commercio principale dalle terre del distretto era rappresentato dall'industria enologica, poiché Caprino e il suo territorio, più ancora che altre zone della provincia, era considerato luogo vinifico per eccellenza ed il vino di Caprino era un prodotto reclamizzato come assai buono e quindi assai ricercato. Seguivano per importanza la produzione dei cereali e quella della frutta e dei foraggi, ma anche l'allevamento del bestiame, specie di quello bovino e del pollame, era fonte di gran lucro per la popolazione. In collina la terra dava dunque i prodotti della vite e dell'olivo, in pianura biondeggiavano i grani e lussureggiavano i gelsi, mentre in montagna si producevano le castagne, i fieni, le patate, la segala. Quando poi vi ebbero sviluppo le prime attività industriali, furono valorizzate oltremodo nel distretto vecchie e già importanti cave di marmi, cui si aggiunsero fornaci, industrie tessili, tintorie, fabbriche di prodotti alimentari, latterie, caseifici e carderie ed altri minori e casalinghe: fra quest'ultime era tenuta in particolare considerazione, per la sua speciale importanza, la tessitura casalinga del cotone e del lino. Di qui il tradizionale mercato del sabato, uno dei più frequentati nella regione, facilitato l'afflusso degli acquirenti dalla ferrovia Verona-Caprino, nata alla fine dell'Ottocento e smantellata soltanto nell'ultimo dopoguerra. Vere e proprie piccole fiere agricole settimanali, questi mercati erano l'annuncio o il seguito della grande fiera che dava luogo a molti scambi e importanti contrattazioni e che si teneva in marzo: precisamente a cominciare dal terzo venerdì di quel mese fino alla successiva domenica.
In un centro di così grande interesse commerciale non potevano mancare i monumenti importanti e le dimore signorili. Imponente è ad esempio la chiesa parrocchiale, eretta nel 1769 da Adriano Rossi con la facciata rifatta nel 1803 e la torre campanaria costruita nel 1870, il tutto sul luogo di una precedente chiesa dedicata a Santa Maria Maggiore ricordata come pieve da Eugenio III in una sua bolla del 1145. Era stato papa Onorio III a confermare una deliberazione del vescovo di Verona Norandino con cui si era stabilito che la chiesa di Caprino avesse - a somiglianza del collegio apostolico - dodici canonici.
Sempre alla parrocchiale di Caprino fanno capo anche la cappella del Sepolcro in Cimitero (con una serie di statue quattrocentesche rappresentanti appunto la deposizione di Cristo nel Sepolcro ed ora trasportate per motivi di sicurezza nel museo di Villa Carlotti) e gli oratori di San Pancrazio, di Sant'Eurosia in contrada Rubiana, di Santa Cristina in contrada Ceredello (sec. XIII), di San Rocco in contrada Gaon e di Santa Maria della Mercede in contrada Boi.
Sempre nel capoluogo si trova la villa Carlotti, che fu dei Vimercati e che ora è sede del Comune. Villa seicentesca, un tempo assai bella, non ha più l'antico parco e giardino. Restaurato a cura del Comune, l'edificio conserva la sua imponenza e l'eleganza della linea architettonica, specie nella facciata ed in esso, con il Municipio, è sistemato anche un museo aperto nel 1976 e che raccoglie in quattro salette fossili della zona, materiali archeologici preistorici e romani, documenti fotografici sulla vecchia Caprino e varie sculture fra cui il Compianto quattrocentesco proveniente dalla Cappella del Cimitero.
Ancora nel capoluogo si trova Palazzo Bagatta, costruzione del '700, con portale ad arco, sulla strada principale, sulla quale prospetta una lunga facciata con attico sormontato da statue. All'interno, il grande cortile rettangolare con porticati è stato trasformato da recenti sovrastrutture utilitarie.
A Pazzon, contrada di Caprino, la chiesa parrocchiale, dedicata ai SS. Vito, Modesto e Crescenzia, risale al sec. XIII, ma ebbe poi varie modifiche fino al 1933. Fu smembrata da Caprino nel 1568 e il battistero a coppa ottagona che custodisce è appunto di quell'anno, mentre un piliere dell'acqua santa è del 1579. Altre chiese ed oratori della parrocchia sono quelli della Beata Vergine del Carmelo di Vilmezzano, dell'Immacolata di Braga, di San Michele Arcangelo (romanica) e di San Martino. La chiesa di San Martino di Pazzon risale, nelle sue strutture più antiche, al secolo decimoterzo. Il campanile a sud dell'abside è però posteriore alla chiesa la quale è, salvo l'abside ed il lato meridionale, tutta circondata da case. Ad una sola navata, è larga metri sei e lunga metri undici: le misure cioè che si ritrovano in tutte le chiesette contemporanee erette nel caprinese (San Pietro in Camporengo, Santa Cristina di Ceredello) dalla pietà delle popolazioni locali che contribuivano un tempo a farle anche officiare.
Sempre a Pazzon si annunzia villa Beccherle, caratteristica casa padronale, sorta sulle vestigia del castello dei conti Colpani, seicentesco. Notevole il viale di cipressi che ne costituisce l'ingresso.
Pesina ha pure una bella chiesa dedicata a S. Gallo, ricostruita nel 1769 e con uno splendido altare maggiore fatto erigere in quell'anno da Almerigo Gonzaga, principe di Castiglione, oblato nell'eremo della Rocca di Garda. In antico però la chiesa sorgeva a mezza collina ed il suo cimitero era soggetto in parte alla pieve di Garda ed in parte a quelle di Caprino. Divenne parrocchia con rector dal 1460. Poco fuori dell'abitato sorge la chiesetta di San Rocco del 1400 e ampliata, dopo una pestilenza, nel 1630. Sempre a Pesina si trova Palazzo Nogarola (ora Abrile) del 1700, formato da una casa padronale e una torre merlata, da un parco non vasto, ma ricco. Ancora a Pesina sono le ville ex Negrelli e Belvedere. Villa ex Negrelli è di origine settecentesca - o forse anteriore - ma molto trasformata. Ha nell'interno decorazioni pittoriche e intorno un denso parco con bei cipressi. Villa Belvedere è una vecchia casa padronale di architettura tipicamente rurale. Forma un unico complesso, con alcune caratteristiche case note col nome di "Canal". L'insieme è notevole anche per il gruppo di piante secolari che lo circonda a protezione dei venti del nord e a consolidamento del terreno franoso della collina su cui le costruzioni sorgono.
Fra Caprino e Spiazzi troviamo la contrada Platano, un tempo feudo di Malaspina, dove sorgono le ville Sometti, ex Nichesola ora Rigo, ex Nichesola ora Zambellini ed ex Nichesola ora Aldrighetti.
Villa Sometti è costruzione di tardo stile rinascimento (sul portone d'ingresso, ora chiuso, c'è la data del 1604) e proviene probabilmente dai beni Nichesola. Ha porte e finestre di pietra ben sagomate, cornici sotto la gronda, vasti rustici intorno.
Villa ex Nichesola ora Rigo avrebbe origine quattrocentesca. Appartenne ai conti Verza prima di passare ai Nichesola, e poi ai Noris. L'attuale edificio è in stile della Rinascenza, con cinque grandi portali in facciata a finestre ben sagomate. Vasto, ma trascurato, il parco con annose piante e laghetto.
Villa ex Nichesola ora Zambellini è del secolo XVI, ma purtroppo è assai abbandonata. L'edificio, che s'appoggia ad una torretta-colombaia con bel camino in cotto, ha portico a colonne toscane, con scala esterna nel fondo, porte e finestre in pietra d'ottima fattura (con inferriate originali sul lato nord, verso la strada), una cornice a denti di sega sotto la gronda, un salone al primo piano con soffitto ligneo. Davanti si stende un piccolo giardino, con una loggetta staccata quasi cadente, e edifici rustici.
Villa ex Nichesola ora Aldrighetti è forse la più antica; ma sebbene piccola di mole appare, dal punto di vista artistico, certo la più interessante. E' una caratteristica costruzione del XV secolo, con tre archi di portico (uno dei quali ora chiuso) e scala esterna, la quale per un arco ascende ad una loggetta, su cui si apre la porta d'accesso. Sopra l'arco e nella loggetta, resti di decorazione a fresco con motivi floreali e sacri.
Spiazzi è la più alta frazione del Comune di Caprino. La piccola chiesa parrocchiale divenne tale di recente: soltanto nel 1954, infatti, essa fu smembrata da Pazzon e da Ferrara di Monte Baldo. Essa è dedicata a Sant'Antonio da Padova.
Nella frazione di Spiazzi si trova il celebre santuario della Madonna della Corona del sec. XV, già sede di alcuni eremiti. La fama del santuario aumentò nel sec. XVIII, quando i cavalieri di Malta fecero rifabbricare la chiesa (1625). Il santuario venne ancora ingrandito e decorato con una facciata gotica nel 1898-99 su disegno dell'ing. Paon, e di recente quasi interamente un'altra volta rifatto.
Fino dalle origini questo santuario era noto col nome di Santa Maria di Montebaldo. Vi si ascende adesso da Caprino e poi vi si discende, per una strada aperta nel masso del monte, da Spiazzi Ma un tempo vi si saliva dalla Valdadige attraverso un interminabile e ripido sentiero gradonato. Nel santuario della Madonna della Corona si venera una statuetta della Madonna che regge in grembo il Cristo morto. La tradizione vuole che l'immagine dell'Addolorata sia miracolosamente apparsa in quel punto nel 1522, quando i Turchi occuparono Rodi, dove essa sarebbe stata in precedenza custodita. La piccola scultura in pietra dipinta è, in effetti, del primo Quattrocento, ma fu donata, probabilmente quale ex-voto, nel 1432, da Ludovico di Castelbarco alla chiesa di Santa Maria di Montebaldo. Il materiale usato è della zona e I'opera si ricollega a noti prototipi locali che a loro volta si rifanno alle forme della "Vesperbild" d'oltralpe.
La devozione alla Madonna della Corona è documentata in molte località della diocesi di Verona e particolarmente nelle parrocchie della Lessinia. A Sant'Anna d'Alfaedo, per esempio, un vecchio quadro rappresenta il trasporto della Madonna della Corona da Rodi alle rocce del Monte Baldo. Da Sant'Anna, come da altre località della Lessinia, quei buoni montanari partivano a piedi per scendere nella Valdadige e risalire quindi dalla valle al celebre santuario.
Per concludere queste note si ricorderà che Caprino fu anche teatro di notevoli fatti d'arme: il paese, ubicato pressoché sul fondo dell'avvallamento esistente fra i monti Belpo e Dosso Duca Pomar -che sono le estreme propaggini meridionali della catena del Baldo - e I'altopiano di Rivoli, ebbe spesso una sua importanza come luogo di raccolta delle forze che, scendendo da nord, si preparavano all'attacco della posizione di Rivoli. Da questo avvallamento mossero appunto, nel mattino del 14 gennaio 1797, le tre colonne centrali (Liptay, Ocsksay e Koblos) che il maresciallo Alvinczy spinse all'attacco diretto dell'altopiano di Rivoli, mentre la colonna Lusigna, da Caprino, per Costermano ed Affi doveva aggirare da ovest la posizione tenuta dai Francesi.
Va ricordato infine che a Caprino da alcuni anni ha ripreso un certo vigore il carnevale che si svolge con una gaia sfilata di maschere e carri allegorici lungo le vie cittadine. Le maschere "tipiche" e per le quali si tenta di formare una tradizione, sono il Re del Baldo, il Duca di Gaon e l'Arabo di Bai.