Partiti per avventurarci nelle 52 gallerie, che in quest'anno festeggiano il loro centenario genetliaco, troviamo la strada bloccata, già all'inizio, per il contemporaneo movimento di pulizia, credo annuale, delle gallerie stesse. Decidiamo così di avventurarci sulla Strada degli Eroi, tornando di poco sui nostri passi fino al Passo Pian delle Fugazze, nel parcheggio prospiciente i cippi ed i segnali dell'antico confine che intercorreva tra l'allora Tirolo, appartenente all'Impero d'Austria-Ungheria e l'allora Regno d'Italia.
La strada degli Eroi vera e propria è il tratto lungo circa 2 chilometri che collega la Galleria d'Havet al rifugio Achille Papa, situato alle Porte del Pasubio, sul comune di Valli del Pasubio. Scavata sulla destra orografica delle pareti verticali a precipizio sull'impervia Val Canale, presenta un fondo naturale piuttosto dissestato. Il nome deriva dal fatto che sulla parete rocciosa sono collocate delle targhe in onore delle 15 medaglie d'oro al valor militare che combatterono sul Pasubio durante la Grande Guerra. Per estensione con il termine di Strada degli Eroi ci si riferisce
all'intera rotabile della Val Fieno, sul comune di Vallarsa, che sale dal Pian delle Fugazze (1162 m), al confine fra la provincia di Vicenza e di Trento, e arriva fino al rifugio Papa (1928 m).
L'intero tracciato rifugio Achille Papa - Pian delle Fugazze fa parte del sentiero Europeo E5 e del Sentiero della Pace.
La strada, chiusa al traffico motorizzato (d'estate vi sono dei bus navetta che fanno spola fra il Passo e la Galleria d'Havet), è lunga nella sua interezza 10,6 chilometri, segnati da pietre miliari che ogni chilometro danno la distanza dall'inizio. Il fondo è naturale, tranne per alcuni tornanti asfaltati, con un percorso tortuoso nella Val Fieno per salire con pendenza piuttosto costante e mai particolarmente impegnativa se non nel tratto finale prima della Galleria d'Havet, lunga poche decine di metri, che permette di passare nella Val Canale appena sotto il crinale dello spartiacque. Durante il conflitto mondiale era solamente un sentiero e venne in seguito allargata per permettere un comodo accesso alla Zona Sacra, in alternativa della strada degli Scarubbi in cui la neve permane molto più a lungo a causa dell'esposizione a nord. Chiusa al traffico motorizzato negli anni ottanta a causa della pericolosità del tragitto soprattutto nel tratto finale, è oggi molto frequentata dagli escursionisti sia a piedi che in mountain bike. Rimane infatti una delle principali vie d'accesso alla sommità del massiccio perché può essere percorsa anche da chi ha poca confidenza con la montagna.
all'intera rotabile della Val Fieno, sul comune di Vallarsa, che sale dal Pian delle Fugazze (1162 m), al confine fra la provincia di Vicenza e di Trento, e arriva fino al rifugio Papa (1928 m).
L'intero tracciato rifugio Achille Papa - Pian delle Fugazze fa parte del sentiero Europeo E5 e del Sentiero della Pace.
La strada, chiusa al traffico motorizzato (d'estate vi sono dei bus navetta che fanno spola fra il Passo e la Galleria d'Havet), è lunga nella sua interezza 10,6 chilometri, segnati da pietre miliari che ogni chilometro danno la distanza dall'inizio. Il fondo è naturale, tranne per alcuni tornanti asfaltati, con un percorso tortuoso nella Val Fieno per salire con pendenza piuttosto costante e mai particolarmente impegnativa se non nel tratto finale prima della Galleria d'Havet, lunga poche decine di metri, che permette di passare nella Val Canale appena sotto il crinale dello spartiacque. Durante il conflitto mondiale era solamente un sentiero e venne in seguito allargata per permettere un comodo accesso alla Zona Sacra, in alternativa della strada degli Scarubbi in cui la neve permane molto più a lungo a causa dell'esposizione a nord. Chiusa al traffico motorizzato negli anni ottanta a causa della pericolosità del tragitto soprattutto nel tratto finale, è oggi molto frequentata dagli escursionisti sia a piedi che in mountain bike. Rimane infatti una delle principali vie d'accesso alla sommità del massiccio perché può essere percorsa anche da chi ha poca confidenza con la montagna.
Il nostro tracciato segue in linea di massima la Strada principale, in salita però abbiamo deciso di tagliare per i vari "scortoli", peraltro segnati nel bosco fitto d'abeti. Alla Galleria d'Havet oltrepassiamo e restiamo sul tracciato principale (possibile una variante "per camosci" che inizia alla destra della galleria e permette di bypassare il rifugio per salire subito nella zona dei Denti). Sarà nostra cura invece percorrere la strada militare dato la fragilità delle ginocchia di due nostri compagni di viaggio, che si sa in discesa viene accentuata. Arriviamo dunque, con molta calma, al Rif. Pontefice, pardon Papa.
Dopo un "lauto" pasto da bisaccia portato ci concediamo il caffè all'interno del Rifugio, mentre all'esterno le nebbie salgono e offuscano quella che sembrava essere una tranquilla giornata di sole. Sarà comunque solo un fuoco di paglia perché, scesi dalla vetta della Cima Palon (a pochi minuti dal Rifugio) ci sentiamo solleticare dal piacevole tepore che solo i raggi solari dopo un inizio di giornata uggioso possono provocare. Anche qualche bella immagine rubata ad una coppia di camosci che hanno incrociato il nostro cammino contribuisce ad aprire la giornata. Inoltrandosi brevemente nelle gallerie, dove ancora permane neve e fango, oltre alla fredda umidità ci raggiunge la consapevolezza del triste destino toccato ai soldati di ambedue gli schieramenti ("I morti non hanno colore ne divisa" cit.) che in questi budelli, fatti bersaglio da nemici, freddo, fame e nostalgia, hanno vissuto e sono morti per i sogni di gloria di politici, re e generali. A due passi dalla Cima Palon scendiamo e risaliamo al primo dei "Denti", quello italiano.
Il Dente Italiano (2220 m.) fu l'ultimo baluardo italiano in opposizione alla violenta offensiva austro-Tedesca del 15 maggio 1916. Fu occupato alle ore 5 del 19 dai fanti del III° bTG. del 218° RGT. della Brigata Volturno, saliti precipitosamente nella notte per la Strada degli Scarubbi in opposizione ai reparti imperiali della 10° da montagna che avevano già occupato il Dente Austriaco. Da allora e fino alla fine delle ostilità l'Italienische Platte, come veniva chiamato dagli Austriaci, divenne la posizione chiave più avanzata di tutto il Fronte Italiano del Pasubio. Per consentire la vita al riparo dai bombardamenti nemici, i genieri italiani ricavarono nella roccia una vera e propria cittadella sotterranea. Nella primavera del '17 fu costruita la cosiddetta "Galleria Alta del Dente", a forma di anello che aveva sbocchi laterali per armi automatiche e pezzi d'artiglieria. Nella galleria trovavano posto i vari servizi, come il gruppo elettrogeno di illuminazione, i depositi viveri, acqua e munizioni, i posti di medicazione, i comandi. La galleria, lunga 110 m. con una sezione 2,20x2,50 m., presentava sul davanti, verso il Dente Austriaco, il cosiddetto Pozzo Forni, un'ampia finestra della quale venivano sgomberati i materiali di scavo. La galleria del Dente fu in seguito collegata alla galleria Papa proveniente da Cima Palon con un tratto ricavato sotto la depressione che separa le due cime e la Sella Damaggio. In autunno dal punto più basso della Galleria Ferrario, con due rami che uscivano ad est e ovest. Essa ebbe una sviluppo di circa 140 m. e permetteva alle truppe che vi giungevano dal Palon, di uscire alle spalle dell'attaccante nel caso avesse sfondato la linea di difesa. Il dente Italiano era armato con 5 mitragliatrici, 2 bocche da fuoco d'artiglieria ed un lanciafiamme, integrate da 12 mitragliatrici appostate sulla vicina cima Palon e sul Cogolo alto. In esso potevano trovare posto circa 500 uomini con tutti i mezzi di sussistenza necessari. Nella parte bassa del Dente, dal luglio 1917, fu realizzato un sistema di gallerie di Contromina che ad ovest e ad est cingevano il lato nord della posizione, nel tentativo di opporsi all'avanzata delle gallerie Austriache.
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Il Dente Austriaco (2203 m.) è un roccione squadrato, lungo poco più di 200 m. e largo 80 e fu occupato il 20 maggio 1916 dalle truppe della 10° Brigata da montagna austriaca che, con la colonna guidata dal maggiore Polaczek, si stabilirono sulla sua sommità, nel pieno della Strafexpedition. Da quel momento il Dente Austriaco (Oesterreichische Platte) divenne la postazione più importante dell'intero schieramento imperiale sul Pasubio e rimase in possesso dei reparti austroungarici fino alla fine del conflitto. Il 1° Reggimentop Kaiserjager, che presidiava il Dente, resistette valorosamente ai violenti quanto inutili attacchi sferrati tra il 10 e il 13 settembre e il 9 e il 20 ottobre 1916 dagli alpini dei Battaglioni M.Berico, Cervino, Exilles, Aosta e dai fanti della Brigata Liguria. In soli 11 giorni di operazioni su tutto il fronte d'attacco, gli italiani persero 4370 soldati e gli austriaci 3492: in totale quasi ottomila soldati. L'imminente inverno non consentì, fortunatamente, ulteriori operazioni.
Vedendo l'incerto evolversi della situazione col passare dei mesi, si decise di utilizzare la guerra di mine, ossia posizionare attraverso gallerie grandi quantità di esplosivi sotto le linee nemiche per poi farle saltare. La prima mina fu fatta brillare dagli austriaci il 29 settembre 1917. Ne seguì una italiana e si proseguì per un totale di dieci deflagrazioni fino alla più potente, quella della mina austriaca del 13 marzo 1918, per la quale furono utilizzate 50 tonnellate di esplosivo e che provocò la morte di oltre 50 soldati italiani segnando definitivamente anche il profilo della montagna: “... l'intero massiccio del Dente Italiano sembrò un mare di fiamme dal quale emergevano vampe fino a 30 metri di altezza...” scrisse il generale Brunner.
Vedendo l'incerto evolversi della situazione col passare dei mesi, si decise di utilizzare la guerra di mine, ossia posizionare attraverso gallerie grandi quantità di esplosivi sotto le linee nemiche per poi farle saltare. La prima mina fu fatta brillare dagli austriaci il 29 settembre 1917. Ne seguì una italiana e si proseguì per un totale di dieci deflagrazioni fino alla più potente, quella della mina austriaca del 13 marzo 1918, per la quale furono utilizzate 50 tonnellate di esplosivo e che provocò la morte di oltre 50 soldati italiani segnando definitivamente anche il profilo della montagna: “... l'intero massiccio del Dente Italiano sembrò un mare di fiamme dal quale emergevano vampe fino a 30 metri di altezza...” scrisse il generale Brunner.
Torniamo alla selletta tra i due Denti un po' più consapevoli del passato e felici del nostro presente di pace e benessere, comprato anche dal sangue che qui si versò, cento anni fa. Ci dirigiamo su facile sentiero in saliscendi fino alla chiesetta di S.Maria prima e all'Arco Romano poi, ove l'arco stesso costituisce stele funeraria per i caduti del BTG. Liguria. Pochi passi ancora ed arriviamo di nuovo al Rifugio, un tempo riparo da bombe e proiettili, ora felice punto di congiunzione tra la spensierata fatica del salire e la scoperta e riscoperta di una pagina importante della Storia Mondiale. Scendiamo, dopo una dovuta ed appagante sosta dissetante, percorrendo per intero la strada bianca senza indurre in tentazioni scorciatorie, giungendo al parcheggio qualche minuto dopo ciò che la tempistica sui cartelli indicava ma con le ginocchia di alcuni di noi salve. Al prossimo passo nella Storia, forse in Pasubio o forse no. L'appuntamento con le 52 gallerie è comunque solo rimandato a data da destinarsi. Grazie alla bella compagnia degli amici Augusto, Luisa, Angela e Nicola.
Breve video panoramico dal Dente Austriaco