Le Marocche di Dro sono un’area naturale protetta di circa 250 ettari che si trova nella valle dei Laghi. E’ un raro ecosistema classificato come zona arida e costituisce un imponente esempio di frana per crollo e scorrimento. In diverse epoche glaciali e post glaciali si staccarono dalle montagne della Valle dei Laghi molte quantità di roccia che i detriti non solo invasero la vallata ma per inerzia crearono, a ridosso dei monti di fronte, colline di pietre alte fino a 250 metri.
CARATTERISTICHE: DIFFICOLTA': media - E DISLIVELLO: 560m LUNGHEZZA: 16 km DURATA: 6 ore senza contare le soste |
Sassi che il mare ha consumato,
sono le mie parole d'amore per te. Io non ti ho saputo amare, non ti ho saputo dare quel che volevi da me. Ogni parola... che ci diciamo è stata detta mille volte, ogni attimo... che noi viviamo è stato vissuto mille volte. Sassi che il mare... ha consumato, sono le mie parole d'amore... per te. Sassi che il mare... ha consumato, sono le mie parole d'amore... per te. (Gino Paoli) |
Il Biotopo Marocche di Dro è un'area naturale protetta del Trentino-Alto Adige istituita nel 1989. È uno dei pochi biotopi protetti classificato come zona arida e non zona umida. Occupa una superficie di 250,84 ha nella Provincia Autonoma di Trento. Le Marocche di Dro costituiscono, per estensione e volume, il più imponente fenomeno di frana per crollo e scorrimento di materiale lapideo a livello europeo: sono un grandioso sistema di antiche frane postglaciali per crollo e
scorrimento, l'ultima delle quali di età storica, come testimoniato dal ritrovamento di un tegolone romano durante gli scavi per la costruzione di una derivazione idroelettrica. (www.parks.it) Elenco riserve e biotopi in Trentino
scorrimento, l'ultima delle quali di età storica, come testimoniato dal ritrovamento di un tegolone romano durante gli scavi per la costruzione di una derivazione idroelettrica. (www.parks.it) Elenco riserve e biotopi in Trentino
PENSIERI E MAROCCHE
Sulle strapiombanti pareti del Monte Brento una nicchia, come la cucchiaiata di un gigante nel suo enorme budino è la grande cicatrice lasciata dall’immane frana sulla quale oggi appoggiamo i nostri passi.
Strane “righe” sulle rocce, come se ruvide dita le avessero accarezzate indovinandovi montagne in miniatura: i rillenkarren o scanellatura, sono le forme più minute e diffuse di carsismo superficiale.
Raffinate microsculture, come se qualcuno avesse tentato ardite filigrane nella roccia. E qua e là insospettati colori, perfino rosa pastello. I nudi sassi possono sembrarci inospitali, eppure la vita vi si aggrappa tenace.
Questi ciottoli curiosi che ordinati si affacciano al mondo sono noduli di selce, rimasta “intrappolata” quando si sono formate queste rocce. Resistono più della roccia calcarea all’erosione dell’acqua e pian piano emergono dai massi. Un millimetro ogni cent’anni, senza fretta.
Anche una spaccatura nella roccia o un piccolo anfratto tra i sassi diventano spazi vitali, preziose vie in cui spingere le radici e raggiungere l’acqua. Ma il terreno per nutrirsi è pochissimo, quelli che altrove sarebbero grandi alberi qui crescono come autentici e straordinari bonsai naturali.
Un solco rettilineo percorre una piatta superficie, ricordo di acque passate in tempi lontani, quando il masso era ancora montagna. E’ stato lassù in parete che la pioggia ha potuto scorrere in rivoli lungo la roccia per mille e mille anni, scavando questi solchi che noi oggi chiamiamo rinnenkarren.
Non sarà una foresta, ma il contrasto con la nuda marocca ci autorizza a chiamarlo boschetto. Ha potuto svilupparsi perché le specie che lo costituiscono sono tutte termofile, cioè amanti del caldo e perciò più resistenti alla calura e alla siccità estive.
Tra le specie vegetali che popolano le Marocche, due meritano di certo la nostra attenzione. Amanti del clima submediterraneo indotto qui dal vicino Lago di Garda, il Terebinto e il Pero corvino testimoniano la presenza di un’isola calda immersa nella grande catena alpina.
Non si mostrano ma lasciano qualche traccia, e infatti non è difficile osservarne gli escrementi proprio lungo il nostro sentiero. “Nostro”? In questi luoghi difficili da percorrere, volpi e altri animali conoscono da sempre le vie più agevoli.
Tratti in piano, piccole discese seguite da salite oppure valichi dai quali si scollina. Camminandovi e guardandosi intorno non è difficile rendersi conto che queste frane costituiscono un autentico mondo, con un suo paesaggio completo cime e catene montuose, valli e depressioni e perfino autentici passi.
Le orme dei dinosauri
Sassi, ancora sassi, uguali a tutti gli altri eppure questi attirano la nostra attenzione. Perchè qui, ordinatamente disposti l’uno sull’altro, formano inequivocabilmente dei muri. Forse recinti per animali o forse semplici tentativi di spietramento, ci dicono che questo sentiero era percorso già molti anni fa
Il terreno soffice e scuro sotto i nostri piedi continua tra gli alberi formando un tappeto interrotto qua e là soltanto dalle piante del sottobosco. Qui pini silvestri, roverelle, ornielli, carmini e qualche leccio hanno trovato un luogo adatto per crescere e diventare bosco.
(foto di Roberto Marini) Costruita agli inizi del Novecento e in parte ancora funzionante, la Centrale idroelettrica di Fies dal 2002 è diventata in un grande laboratorio per gli amanti del teatro, del cinema, della comunicazione e più in generale delle performing arts. L’ambizione è quella di diventare punto di riferimento della cultura contemporanea per la provincia di Trento e per l’Italia, portando nella zona i fermenti più innovativi dello spettacolo. Grandi nomi del teatro mettono in scena spettacoli studiati per la Centrale che si alternano a momenti di lettura di poesie e spettacoli di danza. Inserita in un ambiente naturale di grande pregio, sulla riva del fiume Sarca, circondata dalla frana delle Marocche, questa centrale situata a pochi chilometri da Dro è una delle più importanti testimonianze di archeologia industriale della regione, trasformandosi da fabbrica di corrente elettrica a fabbrica di arte. Tre i progetti portati avanti contemporaneamente, grazie anche alla collaborazione con Enel. Oltre alle residenze di giovani artisti e alla creazione di un sistema che possa curare tutte le fasi di un lavoro, dalla progettazione alla visione, la produzione e coproduzione di nuovi progetti artistici e spettacolari nazionali e internazionali in partnership con importanti soggetti europei. E poi eventi, performance, concerti, exhibit, meeting site specifici. Il Festival Drodesera FIES, che da anni anima la struttura, oggi si concentra su progetti capaci di sviluppare realtà nuove nel panorama nazionale, individuando giovani compagnie e diverse modalità di potenziamento del libero circuito delle nuove arti.
Lago di Cavedine
Questa frazione è ubicata a 6 km dal capoluogo, sul piano della valle del Sarca, e vi si giunge dopo aver scollinato il monte Gaggio. Popolata da poco più di un centinaio di abitanti, è impreziosita da boschi, campagne coltivate a vite e dalla presenza del lago, oggi poco balneabile a causa dello sfruttamento idroelettrico che ne rende l'acqua fredda e il livello idrometrico variabile. Ciò nonostante viene praticato il windsurf per la presenza costante di brezze quali l'Ora del Garda. Lo scarso sfruttamento turistico ha conservato le caratteristiche di naturalità originarie di questa frazione, che si distingue per il silenzio e la serenità dei luoghi. Il lago di Cavedine è citato nel racconto Senso di Camillo Boito.
Questa frazione è ubicata a 6 km dal capoluogo, sul piano della valle del Sarca, e vi si giunge dopo aver scollinato il monte Gaggio. Popolata da poco più di un centinaio di abitanti, è impreziosita da boschi, campagne coltivate a vite e dalla presenza del lago, oggi poco balneabile a causa dello sfruttamento idroelettrico che ne rende l'acqua fredda e il livello idrometrico variabile. Ciò nonostante viene praticato il windsurf per la presenza costante di brezze quali l'Ora del Garda. Lo scarso sfruttamento turistico ha conservato le caratteristiche di naturalità originarie di questa frazione, che si distingue per il silenzio e la serenità dei luoghi. Il lago di Cavedine è citato nel racconto Senso di Camillo Boito.
Azienda Agricola Pedrotti Gino donde pranzammo