castel valer
Il nome del maniero deriva con ogni probabilità dalla devozione per il santo vescovo Valerio di Treviri al quale fu intitolata in origine la cappella del castello eretta sul dosso castellare in un periodo anteriore all'erezione del castello.
La prima menzione nota del castello risale al 1297 quando ospitò la stipulazione di un negozio fra il domin us Adelpreto di
Mezzo e il dominus Enrico II di Schenna. La giurisdizione di Valer subì nel corso del tempo vari passaggi di mano: venne
conferita al duca Corrado di Teck attorno al 1340, nel 1361 al pievano di Tirolo Enrico di Bopfingen, nel 1368 a Federico
di Greifenstein, per entrare definitivamente a far parte del patrimonio della famiglia Spaur all’inizio del XV secolo.
La forma del castello ha subito nel corso degli anni quella ottagonale del mastio, unico nell'arco alpino a forma ottagonale. La cinta muraria esterna atta segueil modello ottagonale imposto dalla torre antica racchiudendo l'intero complesso architettonico formato in realtà da due strutture: la più antica, risalente al XIV secolo, denominata Castel di sotto, e l'altrettanto antica ma del XVI secolo struttura di Castel di sopra.
Nella porzione settentrionale del maniero, tra la cortina principale e quella esterna, si trova la cappella di S. Valerio interamente affrescata nel 1473 dai fratelli Giovanni e Battista Baschenis, pittori itineranti di origine bergamasca. Gli affreschi, di grande vivacità cromatica, sono uno splendido esempio di pittura gotico-rinascimentale.
I BASCHENIS DE AVERARIA A CASTEL VALER IN VAL DI NON
Provenienti dalla Valle Averara, nelle vicinanze di Bergamo, la famiglia Baschenis è ricordata come un’importante dinastia di pittori itineranti molto produttivi che, sul finire del XV e per tutta la prima metà del XVI secolo, lavorò in tutta l’area del Trentino occidentale.
Gli appartenenti a questa dinastia, almeno una decina secondo le testimonianze, erano soliti spostarsi e trascorrere molti mesi nelle diverse valli trentine, ospitati di volta in volta dalle diverse comunità presso cui operavano. Dipingevano
soprattutto interni ed esterni di chiese e cappelle con temi cari all’iconografia del tempo: in primo luogo raffigurazioni di
Padri della Chiesa, Evangelisti e scene tratte dal Nuovo Testamento.
L’arte dei Baschenis si inseriva perfettamente nella logica didattica de lla biblia pauperorum, la "Bibbia dei poveri".
Gli ecclesiasti dell’epoca ritenevano infatti che il popolo analfabeta andasse educato principalmente attraverso immagini molto espressive che insegnassero i concetti fondamentali della religione cristiana.
Proprio nell’intento di essere più diretta possibile, la pittura dei Baschenis è stilistica mente molto semplice senza elaborati effetti prospettici e cromaticamente preferisce i colori accesi alle sfumature ricercate spesse volte smorzate dall'apposizione di una stampigliatura decorativa sulle vesti delle figure dipinte, prerogativa tecnica quasi esclusiva del primo periodo della produzione artistica dei due vivaci pittori del Quattrocento.
In Val di Non i Baschenis furono attivi soprattutto tra il 1465 e il 1504.
Potrete ammirare gli affreschi di questa famosa dinastia di pittori a:
Corte Inferiore di Rumo, Chiesa di San Udalrico: all’interno ampio affresco dell’Ultima Cena, datata 1471, dei fratelli Antonio e Angelo Baschenis, assieme con i figli Giovanni e Battista.
Flavon: Chiesa della Natività di S. Giovanni Battista, ciclo di affreschi lungo l’abside dedicati al santo realizzati dai fratelli
Giovanni e Battista (1485).
Segonzone: Chiesa dei Santi Filippo e Giacomo
Cunevo: Chiesa di San Lorenzo affrescata da Gi ovanni Baschenis
Castel Valer (Tassullo): cappella di San Valerio affrescata da Giovanni e Battista (1496)
Denno: decorazioni della Chiesa di San Pietro di Giovanni Battista
Cles: Chiesa di San Vigilio pitture murali di Giovanni e Battista di fin e ‘400
Terres: Chiesa di San Giorgio
Dardine: Chiesa di San Marcello
Tres: Chiesa di Santa Agnese
Vervò: Chiesa di San Martino
Pavillo: Chiesa di San Paolo
Cavareno: Chiesa SS. Fabiano e Sebastiano
La prima menzione nota del castello risale al 1297 quando ospitò la stipulazione di un negozio fra il domin us Adelpreto di
Mezzo e il dominus Enrico II di Schenna. La giurisdizione di Valer subì nel corso del tempo vari passaggi di mano: venne
conferita al duca Corrado di Teck attorno al 1340, nel 1361 al pievano di Tirolo Enrico di Bopfingen, nel 1368 a Federico
di Greifenstein, per entrare definitivamente a far parte del patrimonio della famiglia Spaur all’inizio del XV secolo.
La forma del castello ha subito nel corso degli anni quella ottagonale del mastio, unico nell'arco alpino a forma ottagonale. La cinta muraria esterna atta segueil modello ottagonale imposto dalla torre antica racchiudendo l'intero complesso architettonico formato in realtà da due strutture: la più antica, risalente al XIV secolo, denominata Castel di sotto, e l'altrettanto antica ma del XVI secolo struttura di Castel di sopra.
Nella porzione settentrionale del maniero, tra la cortina principale e quella esterna, si trova la cappella di S. Valerio interamente affrescata nel 1473 dai fratelli Giovanni e Battista Baschenis, pittori itineranti di origine bergamasca. Gli affreschi, di grande vivacità cromatica, sono uno splendido esempio di pittura gotico-rinascimentale.
I BASCHENIS DE AVERARIA A CASTEL VALER IN VAL DI NON
Provenienti dalla Valle Averara, nelle vicinanze di Bergamo, la famiglia Baschenis è ricordata come un’importante dinastia di pittori itineranti molto produttivi che, sul finire del XV e per tutta la prima metà del XVI secolo, lavorò in tutta l’area del Trentino occidentale.
Gli appartenenti a questa dinastia, almeno una decina secondo le testimonianze, erano soliti spostarsi e trascorrere molti mesi nelle diverse valli trentine, ospitati di volta in volta dalle diverse comunità presso cui operavano. Dipingevano
soprattutto interni ed esterni di chiese e cappelle con temi cari all’iconografia del tempo: in primo luogo raffigurazioni di
Padri della Chiesa, Evangelisti e scene tratte dal Nuovo Testamento.
L’arte dei Baschenis si inseriva perfettamente nella logica didattica de lla biblia pauperorum, la "Bibbia dei poveri".
Gli ecclesiasti dell’epoca ritenevano infatti che il popolo analfabeta andasse educato principalmente attraverso immagini molto espressive che insegnassero i concetti fondamentali della religione cristiana.
Proprio nell’intento di essere più diretta possibile, la pittura dei Baschenis è stilistica mente molto semplice senza elaborati effetti prospettici e cromaticamente preferisce i colori accesi alle sfumature ricercate spesse volte smorzate dall'apposizione di una stampigliatura decorativa sulle vesti delle figure dipinte, prerogativa tecnica quasi esclusiva del primo periodo della produzione artistica dei due vivaci pittori del Quattrocento.
In Val di Non i Baschenis furono attivi soprattutto tra il 1465 e il 1504.
Potrete ammirare gli affreschi di questa famosa dinastia di pittori a:
Corte Inferiore di Rumo, Chiesa di San Udalrico: all’interno ampio affresco dell’Ultima Cena, datata 1471, dei fratelli Antonio e Angelo Baschenis, assieme con i figli Giovanni e Battista.
Flavon: Chiesa della Natività di S. Giovanni Battista, ciclo di affreschi lungo l’abside dedicati al santo realizzati dai fratelli
Giovanni e Battista (1485).
Segonzone: Chiesa dei Santi Filippo e Giacomo
Cunevo: Chiesa di San Lorenzo affrescata da Gi ovanni Baschenis
Castel Valer (Tassullo): cappella di San Valerio affrescata da Giovanni e Battista (1496)
Denno: decorazioni della Chiesa di San Pietro di Giovanni Battista
Cles: Chiesa di San Vigilio pitture murali di Giovanni e Battista di fin e ‘400
Terres: Chiesa di San Giorgio
Dardine: Chiesa di San Marcello
Tres: Chiesa di Santa Agnese
Vervò: Chiesa di San Martino
Pavillo: Chiesa di San Paolo
Cavareno: Chiesa SS. Fabiano e Sebastiano
castel thun
E’ un monumentale fabbricato civile-militare fra i più ben conservati dei Trentino. Il palazzo baronale, slanciato in verticale, con tre torrette a cuspide gotica, si eleva al centro dei sistema fortificato che, verso l'attuale ingresso, la Porta spagnola, è composto da ben cinque torri, dal ponte levatoio e da un profondo fossato. Varcata la porta dei ponte levatoio, ci si trova nel più singolare ingresso dei castelli trentini. Si tratta dei Colonnato dominato dalle due torri medievali merlate dette delle prigioni. La singolare tettoia, sostenuta da 18 massicce colonne di pietra, serviva per riparare i cannoni dalle intemperie. Di fronte al Colonnato, il palazzo baronale; tutt'attorno, sopra il Cortile dei tornei, corre la cortina munita con la Torre basilica restaurata dal conte Basilio.
Dalla parte opposta sorge la Torre della biblioteca che, in un grande locale a soffitto con stucchi barocchi, ospitava diecimila volumi e numerosi incunaboli. Il palazzo baronale rappresenta la parte più antica del castello, costruito sulla viva roccia da Manfredino, Albertino e dai quattro figli di Marsilio Thun. L'atrio è nella vecchia torre gotica; vi si possono ammirare un grande stemma dei Thun-Kónigsberg con la data 1585 dipinto sulla volta, tracce di affreschi quattrocenteschi e un recipiente per l'olio, scavato nella pietra, datato 1560.
A sinistra del lungo corridoio si apre la porticina della cappella dedicata a S. Giorgio, decorata a tempera da uno dei discepoli di Jacopo Sunter della scuola di Bressanone. I piani superiori del castello conservano preziosi oggetti d'arredo, numerose opere d'arte e una ricca quadreria. La cappella del castello, dedicata a S. Giorgio conserva un interessante ciclo di affreschi di scuola tedesca risalenti alla seconda metà del XV secolo.
Come ogni sito d'arte che si rispetti anche il castello ha subito numerosi furti soprattutto nel periodo fra gli anni '60 e il 1992 quando, con l'acquisto da parte provinciale si è installato un sistema di allarme e di controllo assai sofisticato. L'ultimo furto conosciuto, di una certa importanza fu eseguito nella notte fra il 28 e il 29 marzo del 1990 quabdo qualcuno rubò una scala a pioli a Nosino e riuscì ad entrare, attraverso una finestra, all'interno di Castel Thun. Sparirono 13 dipint di pittori fiamminghi del diciassettesimo secolo e preziosa argenteria. Un furto su commissione anche perché i ladri hanno selezionato attentamente quello che portar via, lasciando sulle pareti i quadri di minor valore. A distanza di 15 anni, nel settembre 2005 la refurtiva è stata ritrovata dai carabinieri del nucleo tutela patrimonio culturale di Monza. Il valore della refurtiva fu stimato allora attorno al miliardo di Lire.
Vicino al castello, vi è la chiesetta di S. Martino, dove sono sepolti alcuni conti Thun fra cui l'ultimo, il conte Zdenko, la quale è stata più volte visitata dai ladri. Nell'ultimo tentativo di furto, nel 2000, i carabinieri sono intervenuti su segnalazione arrestando i responsabili che stavano asportando marmi pregiati e pietre tombali.
Dalla parte opposta sorge la Torre della biblioteca che, in un grande locale a soffitto con stucchi barocchi, ospitava diecimila volumi e numerosi incunaboli. Il palazzo baronale rappresenta la parte più antica del castello, costruito sulla viva roccia da Manfredino, Albertino e dai quattro figli di Marsilio Thun. L'atrio è nella vecchia torre gotica; vi si possono ammirare un grande stemma dei Thun-Kónigsberg con la data 1585 dipinto sulla volta, tracce di affreschi quattrocenteschi e un recipiente per l'olio, scavato nella pietra, datato 1560.
A sinistra del lungo corridoio si apre la porticina della cappella dedicata a S. Giorgio, decorata a tempera da uno dei discepoli di Jacopo Sunter della scuola di Bressanone. I piani superiori del castello conservano preziosi oggetti d'arredo, numerose opere d'arte e una ricca quadreria. La cappella del castello, dedicata a S. Giorgio conserva un interessante ciclo di affreschi di scuola tedesca risalenti alla seconda metà del XV secolo.
Come ogni sito d'arte che si rispetti anche il castello ha subito numerosi furti soprattutto nel periodo fra gli anni '60 e il 1992 quando, con l'acquisto da parte provinciale si è installato un sistema di allarme e di controllo assai sofisticato. L'ultimo furto conosciuto, di una certa importanza fu eseguito nella notte fra il 28 e il 29 marzo del 1990 quabdo qualcuno rubò una scala a pioli a Nosino e riuscì ad entrare, attraverso una finestra, all'interno di Castel Thun. Sparirono 13 dipint di pittori fiamminghi del diciassettesimo secolo e preziosa argenteria. Un furto su commissione anche perché i ladri hanno selezionato attentamente quello che portar via, lasciando sulle pareti i quadri di minor valore. A distanza di 15 anni, nel settembre 2005 la refurtiva è stata ritrovata dai carabinieri del nucleo tutela patrimonio culturale di Monza. Il valore della refurtiva fu stimato allora attorno al miliardo di Lire.
Vicino al castello, vi è la chiesetta di S. Martino, dove sono sepolti alcuni conti Thun fra cui l'ultimo, il conte Zdenko, la quale è stata più volte visitata dai ladri. Nell'ultimo tentativo di furto, nel 2000, i carabinieri sono intervenuti su segnalazione arrestando i responsabili che stavano asportando marmi pregiati e pietre tombali.
storia del maniero
Della storia di Castel Thun si sa che venne in possesso di Varimberto di Tono nel 1267. Questo castello era detto Belvesino dal nome della persona che lo possedeva o che lo fece costruire. Dopo la ricostruzione terminata nel 1422 dai Tono, il castello fu quasi completamente distrutto da un incendio nel 1528. Fu ricostruito da Sigismondo detto l'oratore, il più ragguardevole personaggio dei suo casato, amico e consigliere di Massimiliano 1, Carlo V, Ferdinando I e dei grandi vescovi trentini della prima metà dei XVI secolo. Un secondo incendio divampò pochi anni dopo, nel 1569. Altri rimaneggiamenti subì il castello nell'epoca barocca, ad opera soprattutto dei vescovi Thun.
Il conte Zdenko Thun con i suoi amati cavalli, ultimo conte ad abitare il castello fino al 1982 La zona comprendente gli abitati di Vigo, Masi di Vigo, Toss, e frazioni minori che forma attualmente il comune di Ton, si chiamava un tempo "Pieve di Tono": era di proprietà dei nobili cavalieri di Tono, poi divenuti baroni e quindi conti di Tono; più tardi, questo cognome venne tedeschizzato in Thun con l'aggiunta del toponimo "Hohenstein" (ma fino al 1926, il cognome esatto era Thunn, con due "n"), divenendo Thun dal 1926 in poi, quando divennero proprietari del castello i lontani cugini Thun di Boemia.
Il conte Zdenko Thun con i suoi amati cavalli, ultimo conte ad abitare il castello fino al 1982 La zona comprendente gli abitati di Vigo, Masi di Vigo, Toss, e frazioni minori che forma attualmente il comune di Ton, si chiamava un tempo "Pieve di Tono": era di proprietà dei nobili cavalieri di Tono, poi divenuti baroni e quindi conti di Tono; più tardi, questo cognome venne tedeschizzato in Thun con l'aggiunta del toponimo "Hohenstein" (ma fino al 1926, il cognome esatto era Thunn, con due "n"), divenendo Thun dal 1926 in poi, quando divennero proprietari del castello i lontani cugini Thun di Boemia.
Il filmato di introduzione al castello: l'evoluzione del maniero nella storia
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Due video sul castello; a sinistra la gita dell'Alpinismo Giovanile della SAT di Lavis effettuata nel 2013
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Altri video
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