Facile e piacevole escursione immediatamente a ridosso dei centri della riviera del Garda su itinerario che corre alto sul lago in mezzo a contrade ed oliveti. Si parte dal porto di Castelletto di Brenzone (67m) prendendo via Valle che sale subito con direzione est per ripido sentiero intervallato da alcune gradinate. Giungiamo in breve a contrada Biaza con la bella chiesetta di S.Antonio Abate (sotto). Voltiamo quindi a nord e restiamo sul sentiero del Pellegrino passando prima da contrada Fasor fino a giungere nella famosa contrada Campo (vedi sotto), vecchio borgo medievale semi-abbandonato. Proseguiamo sul sent.31 ma a un certo punto lo abbandoniamo, senza quindi passare dalla chiesetta di Sant'Antonio delle Pontare tenendo un sentiero in quota sempre con direzione nord. Passiamo quindi da Castello e Zignago, quindi Sommavilla e Cassone, meta più a nord del nostro giro, da cui riprendiamo a sud per il lungolago e fermandoci ad Assenza dove è prevista la sosta pranzo in struttura convenzionata o a sacco. Riprendiamo quindi sul lungolago con direzione sud fino al nostro punto di partenza.
CARATTERISTICHE:
DIFFICOLTA': facile/media
LUNGHEZZA: 16 km
DISLIVELLO: 400m
DURATA: 5 ore senza soste
CARATTERISTICHE:
DIFFICOLTA': facile/media
LUNGHEZZA: 16 km
DISLIVELLO: 400m
DURATA: 5 ore senza soste
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Torbole: Tempo per un caffè e una foto
Brenzone è un comune di circa 2.300 abitanti che si trova in provincia di Verona.
Posto sulle rive del Lago di Garda, Brenzone è la sintesi di una quindicina di contrade, più o meno grandi, dov’è ancora possibile una vita "a misura d’uomo".
Lungo la costa ci sono Castelletto, nostro punto di partenza, Magugnano (è qui la sede municipale), Porto ed Assenza (dove mangeremo, al Ristorante Pizzeria Caprice).
Poco sopra, sui primi rilievi collinari, ecco Biasa, Fasor, Marniga e più su ancora Campo (affascinante villaggio medievale), Boccino, Venzo, Castello, Zignago, Borago, Pozzo, Sommavilla.
E’ una lunga serie di piccoli paesi in cui le strutture turistiche (più di quaranta alberghi, una decina di campeggi e vari residence) sono immerse negli oliveti secolari che dominano il paesaggio. Da quegli stessi oliveti giunge sulle tavole un olio eccellente e leggero. L’azzurro intenso del lago e il verde del Monte Baldo sono la scenografia naturale della vacanza. Il tempo pare essersi fermato nei vecchi borghi e sugli antichi sentieri sospesi fra lago e montagna.
Ma Brenzone non è solo lago: è anche montagna.
Una delle sue contrade, Prada, si trova nel cuore del Monte Baldo e dalla riviera salgono fin lassù i sentieri percorsi nei secoli passati da allevatori e boscaioli: è affascinante ripercorrere quegli itinerari passando dall’oliveto ai castagni.
Il patrono di Brenzone è san Giovanni Battista, che si festeggia ogni anno il 24 giugno.
Posto sulle rive del Lago di Garda, Brenzone è la sintesi di una quindicina di contrade, più o meno grandi, dov’è ancora possibile una vita "a misura d’uomo".
Lungo la costa ci sono Castelletto, nostro punto di partenza, Magugnano (è qui la sede municipale), Porto ed Assenza (dove mangeremo, al Ristorante Pizzeria Caprice).
Poco sopra, sui primi rilievi collinari, ecco Biasa, Fasor, Marniga e più su ancora Campo (affascinante villaggio medievale), Boccino, Venzo, Castello, Zignago, Borago, Pozzo, Sommavilla.
E’ una lunga serie di piccoli paesi in cui le strutture turistiche (più di quaranta alberghi, una decina di campeggi e vari residence) sono immerse negli oliveti secolari che dominano il paesaggio. Da quegli stessi oliveti giunge sulle tavole un olio eccellente e leggero. L’azzurro intenso del lago e il verde del Monte Baldo sono la scenografia naturale della vacanza. Il tempo pare essersi fermato nei vecchi borghi e sugli antichi sentieri sospesi fra lago e montagna.
Ma Brenzone non è solo lago: è anche montagna.
Una delle sue contrade, Prada, si trova nel cuore del Monte Baldo e dalla riviera salgono fin lassù i sentieri percorsi nei secoli passati da allevatori e boscaioli: è affascinante ripercorrere quegli itinerari passando dall’oliveto ai castagni.
Il patrono di Brenzone è san Giovanni Battista, che si festeggia ogni anno il 24 giugno.
In cammino....fino a Biaza
Frammenti di sogno antico
Frammenti di sogno antico
Nonostante una tradizione leggendaria, che la vorrebbe già esistente in epoca altomedievale come cappella castrense,
non si conoscono con certezza le origini della chiesa di Sant’Antonio Abate in contrada di Biaza. Stante l’affresco con la
raffigurazione di San Cristoforo sulla parete esterna di meridione, databile intorno alla seconda metà del Trecento o tuttalpiù al primo Quattrocento, se ne può attestare comunque la presenza almeno a partire da quei secoli; quindi la chiesa è nominata nel testamento di tale Giovanni del fu Benedetto da Brenzone, redatto il 9 aprile 1421, con il quale il testatore dispone d’essere sepolto nel cimitero contiguo alla chiesa. Essa, come testimonierebbe pure la presenza del piccolo cimitero, dovette servire alle esigenze spirituali della gente di Biaza e, difatti, in un atto di collocazione del 1° ottobre 1456, con il quale il vescovo veronese Ermolao Barbaro nominava rettore della parrocchiale di Brenzone don
Stefano de Zebetus, viene espressamente detta cappella dipendente della parrocchiale. In seguito venne beneficiata dalla nota famiglia Brenzone, che nel Cinquecento detenne su questa il diritto di giuspatronato, cioè il diritto di proporre la candidatura del suo cappellano, al mantenimento del qual s’impegnava. In particolare Paolo Brenzone del fu Delaido
fa erigere all’interno della chiesa un monumento funebre, dove con testamento dell’8 ottobre 1503, ribadito il 27 settembre del 1505, dispone d’essere sepolto insieme alla moglie Laurezia. L’edificio che ora vediamo è sostanzialmente l’originale, edificato ancora secondo i criteri dell’architettura romanica: la facciata è orientata ad ovest, nonostante sporga su un dirupo, e così l’unico ingresso si apre sul lato di meridione, ove si trova pure il già ricordato affresco con l’immagine di San Cristoforo; di fianco s’erge il campanile coevo, con ampie monofore a dar luce alla cella campanaria.
L’interno pro pone una tozza navata che conduce all’abside a pianta semicircolare e all’unico altare di fattura moderna,
adornato da una pala del primo Ottocento raffigurante Sant’Antonio Abate in adorazione della Vergine. Sulla parete di
settentrione rimangono ampi frammenti delle pitture fatte eseguire tra la fine del Quattrocento e i primi anni del Cinquecento da Paolo Brenzone, il cui nome è tuttora leggibile insieme a quello della moglie, Laurezia, presumibilmente a decoro del monumento funebre ora andato perduto. Quanto visibile mostra il Motivo araldico della casa Brenzoni e una Teoria di devoti ai piedi della Vergine con il Bambino.
non si conoscono con certezza le origini della chiesa di Sant’Antonio Abate in contrada di Biaza. Stante l’affresco con la
raffigurazione di San Cristoforo sulla parete esterna di meridione, databile intorno alla seconda metà del Trecento o tuttalpiù al primo Quattrocento, se ne può attestare comunque la presenza almeno a partire da quei secoli; quindi la chiesa è nominata nel testamento di tale Giovanni del fu Benedetto da Brenzone, redatto il 9 aprile 1421, con il quale il testatore dispone d’essere sepolto nel cimitero contiguo alla chiesa. Essa, come testimonierebbe pure la presenza del piccolo cimitero, dovette servire alle esigenze spirituali della gente di Biaza e, difatti, in un atto di collocazione del 1° ottobre 1456, con il quale il vescovo veronese Ermolao Barbaro nominava rettore della parrocchiale di Brenzone don
Stefano de Zebetus, viene espressamente detta cappella dipendente della parrocchiale. In seguito venne beneficiata dalla nota famiglia Brenzone, che nel Cinquecento detenne su questa il diritto di giuspatronato, cioè il diritto di proporre la candidatura del suo cappellano, al mantenimento del qual s’impegnava. In particolare Paolo Brenzone del fu Delaido
fa erigere all’interno della chiesa un monumento funebre, dove con testamento dell’8 ottobre 1503, ribadito il 27 settembre del 1505, dispone d’essere sepolto insieme alla moglie Laurezia. L’edificio che ora vediamo è sostanzialmente l’originale, edificato ancora secondo i criteri dell’architettura romanica: la facciata è orientata ad ovest, nonostante sporga su un dirupo, e così l’unico ingresso si apre sul lato di meridione, ove si trova pure il già ricordato affresco con l’immagine di San Cristoforo; di fianco s’erge il campanile coevo, con ampie monofore a dar luce alla cella campanaria.
L’interno pro pone una tozza navata che conduce all’abside a pianta semicircolare e all’unico altare di fattura moderna,
adornato da una pala del primo Ottocento raffigurante Sant’Antonio Abate in adorazione della Vergine. Sulla parete di
settentrione rimangono ampi frammenti delle pitture fatte eseguire tra la fine del Quattrocento e i primi anni del Cinquecento da Paolo Brenzone, il cui nome è tuttora leggibile insieme a quello della moglie, Laurezia, presumibilmente a decoro del monumento funebre ora andato perduto. Quanto visibile mostra il Motivo araldico della casa Brenzoni e una Teoria di devoti ai piedi della Vergine con il Bambino.
Il borgo antico di Campo ed i suoi presepi
Al borgo di Campo abbiamo incontrato anche Oscar Simonetti, filosofo, poeta,contadino e vorrei condividere alcune sue cose (sotto)
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La borgata medievale di Campo di Brenzone, oggi abitata solo da due famiglie, era, fino a tutti gli anni ’50 del secolo scorso, abitata da più numerose famiglie e contava una dozzina di bambine e bambini, oggi testimoni adulti di un’era contadina ed una civiltà che aveva in Campo la sua storia e le sue memorie.
Storia e memorie che la Fondazione Campo (istituita con atto notarile nel 2006 e registrata in Regione Veneto nel 2009), accredita dallo scorso giugno presso l’Unione Europea per il progetto di messa in sicurezza e prima ristrutturazione degli edifici, vuole far rivivere Campo grazie ad un progetto di ripristino di abilità delle abitazioni in suo possesso (ca. il 62% del totale) e la apertura di laboratori tradizionali della civiltà contadina baldense.
Di proprietà della parrocchia di San Giovanni Battista di Brenzone, alla fine delle case della borgata, nella parte alta sul tratturo che conduce fino a Prada, sorge la chiesetta di San Pietro in Vincoli, testimonianza dell’importanza un tempo di questa borgata segnalata la prima volta nel 1023, e poi più volte testimoniata nelle visite pastorali a partire da quella del vescovo Gian Matteo Giberti in tre occasioni (1525, 1532 e 1541). Interessante l’annotazione del 1525 in cui si legge:
Visitavit ecclesia Sancti Petri de Campo, sine cura et nullius valoris, sub custodia hominum dicti loci, quorum expensis reparatum est tectum cun assi bus et dealbata ecclesia, quae tamen adhuc clausa non tenetur.
Quasi due secoli dopo, il 28 settembre 1713, visita la chiesetta anche il vescovo Giovanni Francesco Barbarigo, che fa annotare come l’edificio sia alquanto abbandonato e vi si celebrino solo quattro messe l’anno (ex antiquissimis legatis) e quella per la festa del Santo patrono. Quindi più che una chiesa, un oratorio.
L’edificio, la cui costruzione dovrebbe risalire alla metà del XIV secolo (la facciata è stata interamente ristrutturata nel XVIII secolo) presenta al suo interno un vero e proprio ciclo frescale, opera del maestro Giorgio figlio di Federico da Riva, come attesta l’iscrizione absidale con la data del 1358.
Poiché era consuetudine che gli affreschi venissero eseguiti a compimento dei lavori architettonici, si può pensare che quella data, 1358, sia anche la data conclusiva dell’edificazione dell’edificio, sulla cui titolazione la documentazione porta due declinazioni: San Pietro di Campo e San Pietro in Vincoli. Almeno per ora, non ci è dato sapere quando si sia passati da San Pietro di Campo (attesto fino alla visita pastorale del vescovo Barbarigo nel 1713) e quella di San Pietro in Vincoli.
Gli affreschi, in ottimo stato, si possono leggere, partendo da settentrione, sulla sinistra per chi entra, con un Cristo in croce, ai lati Maria Vergine, San Bartolomeo, San Giovanni Evangelista e un santo vescovo, Nel riquadro seguente (i riquadri sono segnati da una banda rossa) la Vergine che allatta tra i santi Giovanni Battista, Lucia, Bartolomeo e Caterina d’Alessandria.
Nei semipennacchi dell’archivolto, a sinistra San Giacomo Maggiore e a destra Sant’Antonio Abate. Sulle estremità dell’archivolto l’Annunciazione: l’Arcangelo Gabriele a sinistra, laVergine a destra.
L’iscrizione è singolare perché, probabilmente, il frescante (non proprio un letterato, anche se numerose sono le scritte), la dipinse con il cartone traforato rovesciato: Ecce A (ncilla) tua Domini fiat michi secundum Verbum tuum.
L’uso dei cartoni traforati, inoltre, è testimoniato dalle decorazioni delle vesti di tutti i personaggi, visibilmente realizzate come se si fosse usato un rullo riproduttore, dipingendo un tipo di abbigliamento che, oggi, potremmo definire di moda, la moda curtense di allora.
Al vertice dell’archivolto la Pietà con un Cristo senza testa, per la caduta dell’affresco. Nel catino dell’abside il Cristo Pantocrator racchiuso in un’ampia mandorla dipinta con i colori dell’iride. Ai lati i simboli apocalittici dei quattro evangelisti. Sulla sinistra del Leone di San Marco la Vergine che intercede per l’umanità intera. Sulla destra, poco, visibile, forse un altroSan Giovanni Battista.
Nella cornice inferiore dell’abside, il restauro di Erminio Signorini ha riportato alla luce le seguenti iscrizioni: Hoc opus pinxit Çorcius filius magistri Federici e sulla parete di destra, vicino alla finestra …ann(o) D(omi)ni M(…)LVIII in(dicione X)I.Documentazione fondamentale per conoscere la data di fabbricazione dell’edificio e l’autore degli affreschi: Giorgio, figlio di Federico da Riva, anche altrove testimoniato e facente parte di una bottega di pittori trentini operanti in più luoghi sul lago: in San Nicolò di Lazise, San Gregorio a Pai ed altri.
Sulla parete meridionale, a destra per chi entra, tre riquadri, di cui il primo è scomparso per l’apertura di una finestra (così potrebbero essere scomparsi gli affreschi della controfacciata con il rifacimento settecentesco della facciata). Qualcosa rimane: la figura di un vescovo e quella della Vergine in trono. Segue San Pietro in trono con le due grandi chiavi, ai lati un santo vescovo, santa Dorotea e Santa Caterina d’Alessandria. In ginocchio davanti a San Pietro, due devoti uno dei quali dovrebbe essere quel Pietro, come dice la scritta sottostante, che commissionò l’opera. Quindi la Madonna della Misericordia e i santi Antonio Abate,Caterina d’Alessandria e Santa Maria Maddalena; infine un’altra figura di Sant’Antonio Abate.
Come si vede dalle ripetizioni iconografiche l’opera dovrebbe essere stata il frutto di più commissioni devozionali , come recitano le iscrizioni sulla parete sinistra: Viviano, Bartolomeo e Ingelterio. Ed altri, credo, che chiesero la ripetizione per loro delle raffigurazione dei santi di cui erano devoti.
Storia e memorie che la Fondazione Campo (istituita con atto notarile nel 2006 e registrata in Regione Veneto nel 2009), accredita dallo scorso giugno presso l’Unione Europea per il progetto di messa in sicurezza e prima ristrutturazione degli edifici, vuole far rivivere Campo grazie ad un progetto di ripristino di abilità delle abitazioni in suo possesso (ca. il 62% del totale) e la apertura di laboratori tradizionali della civiltà contadina baldense.
Di proprietà della parrocchia di San Giovanni Battista di Brenzone, alla fine delle case della borgata, nella parte alta sul tratturo che conduce fino a Prada, sorge la chiesetta di San Pietro in Vincoli, testimonianza dell’importanza un tempo di questa borgata segnalata la prima volta nel 1023, e poi più volte testimoniata nelle visite pastorali a partire da quella del vescovo Gian Matteo Giberti in tre occasioni (1525, 1532 e 1541). Interessante l’annotazione del 1525 in cui si legge:
Visitavit ecclesia Sancti Petri de Campo, sine cura et nullius valoris, sub custodia hominum dicti loci, quorum expensis reparatum est tectum cun assi bus et dealbata ecclesia, quae tamen adhuc clausa non tenetur.
Quasi due secoli dopo, il 28 settembre 1713, visita la chiesetta anche il vescovo Giovanni Francesco Barbarigo, che fa annotare come l’edificio sia alquanto abbandonato e vi si celebrino solo quattro messe l’anno (ex antiquissimis legatis) e quella per la festa del Santo patrono. Quindi più che una chiesa, un oratorio.
L’edificio, la cui costruzione dovrebbe risalire alla metà del XIV secolo (la facciata è stata interamente ristrutturata nel XVIII secolo) presenta al suo interno un vero e proprio ciclo frescale, opera del maestro Giorgio figlio di Federico da Riva, come attesta l’iscrizione absidale con la data del 1358.
Poiché era consuetudine che gli affreschi venissero eseguiti a compimento dei lavori architettonici, si può pensare che quella data, 1358, sia anche la data conclusiva dell’edificazione dell’edificio, sulla cui titolazione la documentazione porta due declinazioni: San Pietro di Campo e San Pietro in Vincoli. Almeno per ora, non ci è dato sapere quando si sia passati da San Pietro di Campo (attesto fino alla visita pastorale del vescovo Barbarigo nel 1713) e quella di San Pietro in Vincoli.
Gli affreschi, in ottimo stato, si possono leggere, partendo da settentrione, sulla sinistra per chi entra, con un Cristo in croce, ai lati Maria Vergine, San Bartolomeo, San Giovanni Evangelista e un santo vescovo, Nel riquadro seguente (i riquadri sono segnati da una banda rossa) la Vergine che allatta tra i santi Giovanni Battista, Lucia, Bartolomeo e Caterina d’Alessandria.
Nei semipennacchi dell’archivolto, a sinistra San Giacomo Maggiore e a destra Sant’Antonio Abate. Sulle estremità dell’archivolto l’Annunciazione: l’Arcangelo Gabriele a sinistra, laVergine a destra.
L’iscrizione è singolare perché, probabilmente, il frescante (non proprio un letterato, anche se numerose sono le scritte), la dipinse con il cartone traforato rovesciato: Ecce A (ncilla) tua Domini fiat michi secundum Verbum tuum.
L’uso dei cartoni traforati, inoltre, è testimoniato dalle decorazioni delle vesti di tutti i personaggi, visibilmente realizzate come se si fosse usato un rullo riproduttore, dipingendo un tipo di abbigliamento che, oggi, potremmo definire di moda, la moda curtense di allora.
Al vertice dell’archivolto la Pietà con un Cristo senza testa, per la caduta dell’affresco. Nel catino dell’abside il Cristo Pantocrator racchiuso in un’ampia mandorla dipinta con i colori dell’iride. Ai lati i simboli apocalittici dei quattro evangelisti. Sulla sinistra del Leone di San Marco la Vergine che intercede per l’umanità intera. Sulla destra, poco, visibile, forse un altroSan Giovanni Battista.
Nella cornice inferiore dell’abside, il restauro di Erminio Signorini ha riportato alla luce le seguenti iscrizioni: Hoc opus pinxit Çorcius filius magistri Federici e sulla parete di destra, vicino alla finestra …ann(o) D(omi)ni M(…)LVIII in(dicione X)I.Documentazione fondamentale per conoscere la data di fabbricazione dell’edificio e l’autore degli affreschi: Giorgio, figlio di Federico da Riva, anche altrove testimoniato e facente parte di una bottega di pittori trentini operanti in più luoghi sul lago: in San Nicolò di Lazise, San Gregorio a Pai ed altri.
Sulla parete meridionale, a destra per chi entra, tre riquadri, di cui il primo è scomparso per l’apertura di una finestra (così potrebbero essere scomparsi gli affreschi della controfacciata con il rifacimento settecentesco della facciata). Qualcosa rimane: la figura di un vescovo e quella della Vergine in trono. Segue San Pietro in trono con le due grandi chiavi, ai lati un santo vescovo, santa Dorotea e Santa Caterina d’Alessandria. In ginocchio davanti a San Pietro, due devoti uno dei quali dovrebbe essere quel Pietro, come dice la scritta sottostante, che commissionò l’opera. Quindi la Madonna della Misericordia e i santi Antonio Abate,Caterina d’Alessandria e Santa Maria Maddalena; infine un’altra figura di Sant’Antonio Abate.
Come si vede dalle ripetizioni iconografiche l’opera dovrebbe essere stata il frutto di più commissioni devozionali , come recitano le iscrizioni sulla parete sinistra: Viviano, Bartolomeo e Ingelterio. Ed altri, credo, che chiesero la ripetizione per loro delle raffigurazione dei santi di cui erano devoti.
Camminar per Antiche Strade e Borghi, storie di lago fino ad Assenza
Pranzo e poi...... il ritorno
Arrivederci......Cuore di lago!