Un facile giro che si sviluppa alle pendici dell'Altopiano di Asiago partendo dal Ponte Vecchio di Bassano del Grappa (quello degli Alpini per intenderci). Lungo il fiume Brenta andremo fino a deviare alla villa di Angarano (vedi sotto), progettata dal Palladio nel XVI° sec. Arrivando alla Chiesa di S.Eusebio (sotto) cominciamo a salire fino ad arrivare poi su un piccolo terrazzo panoramico a Contrà Privà, nucleo urbano semidisabitato ormai ma ricco di significative architetture locali. Verso nord raggiungiamo l'Eremo di San Bovo (vedi sotto), in amena località degna di una sosta. Proseguiamo per contrada Caluga e poi a Valrovina dove ci fermiamo nell'ottimo (un po' lento il servizio) Rist. Il Melograno. Dopodichè si comincia a scendere tramite un sentiero tematico che con un giro ad anello ci fa ammirare la valletta del torrente Silan e l'omonima cascata. Discendiamo ancora poi per tornare tramite sentieri ma anche strada asfaltata Angarano, dove presso il cimitero si può parcheggiare liberamente. Noi invece avevamo lasciato la vettura nei pressi della stazione e quindi riattraversiamo, piacevolmente, Bassano.
Caratteristiche: Difficoltà - facile E
Dislivello: + 450 m.
Lunghezza : oltre 20 km.
Durata 5/6 ore
Caratteristiche: Difficoltà - facile E
Dislivello: + 450 m.
Lunghezza : oltre 20 km.
Durata 5/6 ore
BASSANO DEL GRAPPA, UN PO' DI STORIA
I manufatti ritrovati nella necropoli di San Giorgio di Angarano, datati tra il XI e il IX secolo a.C., testimoniano un insediamento precedente all'arrivo dei Romani. Questi conquistarono la zona nel II secolo a.C. e la resero coltivabile. L'antico nome di Bassano doveva essere Fundus Baxiani, che indicava la proprietà agricola di un certo Bassio o Bassus.
Sono poche le informazioni circa il successivo dominio longobardo (568 - 774) e franco (774 - 888), mentre fonti scritte confermano l'esistenza di un primo nucleo della città già nel 998, con la pieve di Santa Maria, e nel 1150, con il castello.
Il 29 aprile 1085, Ecelo I, della famiglia degli Ezzelini, con altri signori, tra i quali alcuni esponenti della famiglia da Camposampiero, fece un'importante donazione al monastero di Santa Eufemia di Villanova (l'attuale frazione di Abbazia Pisani del comune di Villa del Conte) in zona di Onara. In questo documento appaiono, per la prima volta, i nomi di Bassano e del Margnan (attuale sito archeologico).
Nel 1175 Vicenza estese il suo dominio su Bassano, attratta dalla posizione strategica della città. Quegli anni si caratterizzarono per le strette relazioni politiche e militari con la ricca famiglia fondiaria degli Ezzelini che, nonostante limitassero l'autonomia del comune, favorirono la costituzione delle prime magistrature cittadine.
Alla morte di Ezzelino III nel 1259, i Bassanesi ottennero la protezione di Padova, riservandosi beni e diritti dell'epoca ezzeliniana e uno statuto comunale. A partire dal 1260 Bassano si vide prima sottomessa a Vicenza (1260 - 1268), quindi a Padova, a Verona e di nuovo a Padova, per terminare, nel 1388, sotto i Visconti, il cui governo lasciò alla città una relativa autonomia. Venezia giunse a Bassano il 10 giugno 1404, senza alterare statuti e consuetudini del comune, dandole il governo di un podestà e un capitano scelto dal Senato tra i patrizi veneziani. Il Territorio bassanese comprendeva allora Pove del Grappa, Cassola e Rossano Veneto a est, Tezze sul Brenta a sud e Primolano a nord, mentre a ovest era delimitata dal Brenta. A parte la guerra della Lega di Cambrai (1509 - 1513), per quattro secoli la Serenissima mantenne pace e prosperità nel territorio, con beneficio del settore tessile (lana, seta, pelli) e dell'oreficeria. Il Cinquecento vede, inoltre, la proliferazione artistica della famiglia di pittori Da Ponte e editoriale della stamperia Remondini, che nel Settecento rese famoso il nome di Bassano in tutta Europa. Il 27 dicembre 1760 il Senato Veneto innalzò Bassano al rango di città.
Napoleone sconfisse gli austriaci l'8 settembre 1796 a Bassano, dando inizio a un periodo tormentato per tutto il territorio. L'anno dopo cadde Venezia, alla quale si sostituirono i governi democratici delle municipalità. Il Trattato di Campoformio (1797) che sancì il passaggio all'Impero austroungarico. Bassano entrò a far parte del neonato Regno d'Italia nel 1866, dopo la terza guerra di indipendenza e la conseguente cessione del Regno Lombardo-Veneto.
Il 7 aprile 1815 Bassano entra nel Regno Lombardo Veneto, aggregata alla provincia di Vicenza. Tra il 25 marzo e il 5 giugno 1848 sperimentò una breve esperienza rivoluzionaria, ma la rioccupazione austriaca mise fine al governo provvisorio. Durante l'occupazione austriaca, tuttavia fu l'unica città veneta non capoluogo di provincia a cui fu riconosciuto il titolo di "Regia". Bassano entrò a far parte del neonato Regno d'Italia nel 1866, dopo la terza guerra di indipendenza, la pace di Vienna e la conseguente cessione del Regno Lombardo-Veneto.
La prima guerra mondiale vide Bassano come zona di guerra, paralizzando ogni attività sino al 1916. Proprio in quell'anno la vicina cittadina montana di Asiago venne occupata dagli imperiali, dal cui centro completamente raso al suolo dai bombardamenti lanciarono alcune granate verso Bassano. Alla fine di maggio 1916 arriva la 28ª Squadriglia che resta fino al 30 luglio. La disfatta di Caporetto (1917) vide poi la città in prima linea, costringendo all'evacuazione più di 7000 persone. Oltre a ciò, nella città si riversarono migliaia e migliaia di soldati diretti al fronte seguiti da intere carovane di fuggiaschi civili provenienti dai vari paesi invasi dagli austro-ungarici, in particolare dall'altopiano dei Sette Comuni. Furono giorni terribili anche perché gli austriaci giunsero a pochi chilometri dalla cittadina, fermando il fronte di guerra sul Monte Grappa, nella Valsugana e sui rilievi a sud dell'altopiano di Asiago.
A seguito della guerra, 23000 soldati furono sepolti sull'ossario del Grappa ed il governo fascista decise nel 1928 di cambiare il nome della città: da "Bassano Veneto" all'attuale Bassano del Grappa.
La nascita, nel 1924, della Smalteria Metallurgica Veneta fu l'evento più importante della ripresa economica:in pochi anni questa divenne l'azienda più importante della città.
Anche a Bassano del Grappa, tra il 1922 ed il 1943, si affermò il fascismo e dal 1926 il sindaco venne sostituito da un podestà governativo. Con lo scoppio della seconda guerra mondiale e la caduta del regime fascista, la città subì l'invasione tedesca. «Durante la Guerra di liberazione fu uno dei più gloriosi centri di organizzazione della Resistenza». Varie unità operarono nella zona, incluso formazioni delle Brigate Garibaldi, delle Brigate Matteotti e delle Brigate "Italia Libera". L'evento più drammatico che subì la Resistenza locale fu il «rastrellamento del Grappa» del settembre 1944 (più di 500 morti e 400 deportati), che culminò il 26 settembre 1944 con l'eccidio di Bassano con 31 impiccagioni nei viali cittadini. Responsabile di queste atrocità fu il vicebrigadiere delle SS Karl Franz Tausch.
Il 17 febbraio 1945 un gruppo di 15 partigiani comandati da Primo Visentin (nome di battaglia "Masaccio") fece saltare il Ponte vecchio: ci furono due vittime. Per rappresaglia i nazisti prelevarono dalle prigioni tre partigiani e li fucilarono sul ponte (Federico Alberti, Cesare Lunardi e Antonio Zavagnin).
Il 28 aprile 1945 anche Bassano del Grappa fu liberata. L'elevato numero di vittime alla fine della guerra valse alla città del Grappa la Medaglia d'oro al valor militare per la guerra di liberazione.
Nel dopoguerra l'industria, l'artigianato e il commercio hanno contribuito all'espansione della città, un'espansione caotica e priva di una pianificazione, dando luogo ad una vasta superficie di città a bassa densità intervallata da residue zone agricole, situazione comune a molti centri del nord-est. Considerando l'agglomerazione urbana, si può notare come il comune di Bassano sia fuso con quelli di Campolongo sul Brenta e Solagna a nord, Romano d'Ezzelino e di Pove del Grappa a nord-est, oltre che con l'area più popolata del comune di Cassola ad est. A sud l'espansione edilizia ha fatto sì che venissero inglobati i nuclei di Rosà, Travettore (nello stesso comune di Rosà), Cartigliano e Nove.
I manufatti ritrovati nella necropoli di San Giorgio di Angarano, datati tra il XI e il IX secolo a.C., testimoniano un insediamento precedente all'arrivo dei Romani. Questi conquistarono la zona nel II secolo a.C. e la resero coltivabile. L'antico nome di Bassano doveva essere Fundus Baxiani, che indicava la proprietà agricola di un certo Bassio o Bassus.
Sono poche le informazioni circa il successivo dominio longobardo (568 - 774) e franco (774 - 888), mentre fonti scritte confermano l'esistenza di un primo nucleo della città già nel 998, con la pieve di Santa Maria, e nel 1150, con il castello.
Il 29 aprile 1085, Ecelo I, della famiglia degli Ezzelini, con altri signori, tra i quali alcuni esponenti della famiglia da Camposampiero, fece un'importante donazione al monastero di Santa Eufemia di Villanova (l'attuale frazione di Abbazia Pisani del comune di Villa del Conte) in zona di Onara. In questo documento appaiono, per la prima volta, i nomi di Bassano e del Margnan (attuale sito archeologico).
Nel 1175 Vicenza estese il suo dominio su Bassano, attratta dalla posizione strategica della città. Quegli anni si caratterizzarono per le strette relazioni politiche e militari con la ricca famiglia fondiaria degli Ezzelini che, nonostante limitassero l'autonomia del comune, favorirono la costituzione delle prime magistrature cittadine.
Alla morte di Ezzelino III nel 1259, i Bassanesi ottennero la protezione di Padova, riservandosi beni e diritti dell'epoca ezzeliniana e uno statuto comunale. A partire dal 1260 Bassano si vide prima sottomessa a Vicenza (1260 - 1268), quindi a Padova, a Verona e di nuovo a Padova, per terminare, nel 1388, sotto i Visconti, il cui governo lasciò alla città una relativa autonomia. Venezia giunse a Bassano il 10 giugno 1404, senza alterare statuti e consuetudini del comune, dandole il governo di un podestà e un capitano scelto dal Senato tra i patrizi veneziani. Il Territorio bassanese comprendeva allora Pove del Grappa, Cassola e Rossano Veneto a est, Tezze sul Brenta a sud e Primolano a nord, mentre a ovest era delimitata dal Brenta. A parte la guerra della Lega di Cambrai (1509 - 1513), per quattro secoli la Serenissima mantenne pace e prosperità nel territorio, con beneficio del settore tessile (lana, seta, pelli) e dell'oreficeria. Il Cinquecento vede, inoltre, la proliferazione artistica della famiglia di pittori Da Ponte e editoriale della stamperia Remondini, che nel Settecento rese famoso il nome di Bassano in tutta Europa. Il 27 dicembre 1760 il Senato Veneto innalzò Bassano al rango di città.
Napoleone sconfisse gli austriaci l'8 settembre 1796 a Bassano, dando inizio a un periodo tormentato per tutto il territorio. L'anno dopo cadde Venezia, alla quale si sostituirono i governi democratici delle municipalità. Il Trattato di Campoformio (1797) che sancì il passaggio all'Impero austroungarico. Bassano entrò a far parte del neonato Regno d'Italia nel 1866, dopo la terza guerra di indipendenza e la conseguente cessione del Regno Lombardo-Veneto.
Il 7 aprile 1815 Bassano entra nel Regno Lombardo Veneto, aggregata alla provincia di Vicenza. Tra il 25 marzo e il 5 giugno 1848 sperimentò una breve esperienza rivoluzionaria, ma la rioccupazione austriaca mise fine al governo provvisorio. Durante l'occupazione austriaca, tuttavia fu l'unica città veneta non capoluogo di provincia a cui fu riconosciuto il titolo di "Regia". Bassano entrò a far parte del neonato Regno d'Italia nel 1866, dopo la terza guerra di indipendenza, la pace di Vienna e la conseguente cessione del Regno Lombardo-Veneto.
La prima guerra mondiale vide Bassano come zona di guerra, paralizzando ogni attività sino al 1916. Proprio in quell'anno la vicina cittadina montana di Asiago venne occupata dagli imperiali, dal cui centro completamente raso al suolo dai bombardamenti lanciarono alcune granate verso Bassano. Alla fine di maggio 1916 arriva la 28ª Squadriglia che resta fino al 30 luglio. La disfatta di Caporetto (1917) vide poi la città in prima linea, costringendo all'evacuazione più di 7000 persone. Oltre a ciò, nella città si riversarono migliaia e migliaia di soldati diretti al fronte seguiti da intere carovane di fuggiaschi civili provenienti dai vari paesi invasi dagli austro-ungarici, in particolare dall'altopiano dei Sette Comuni. Furono giorni terribili anche perché gli austriaci giunsero a pochi chilometri dalla cittadina, fermando il fronte di guerra sul Monte Grappa, nella Valsugana e sui rilievi a sud dell'altopiano di Asiago.
A seguito della guerra, 23000 soldati furono sepolti sull'ossario del Grappa ed il governo fascista decise nel 1928 di cambiare il nome della città: da "Bassano Veneto" all'attuale Bassano del Grappa.
La nascita, nel 1924, della Smalteria Metallurgica Veneta fu l'evento più importante della ripresa economica:in pochi anni questa divenne l'azienda più importante della città.
Anche a Bassano del Grappa, tra il 1922 ed il 1943, si affermò il fascismo e dal 1926 il sindaco venne sostituito da un podestà governativo. Con lo scoppio della seconda guerra mondiale e la caduta del regime fascista, la città subì l'invasione tedesca. «Durante la Guerra di liberazione fu uno dei più gloriosi centri di organizzazione della Resistenza». Varie unità operarono nella zona, incluso formazioni delle Brigate Garibaldi, delle Brigate Matteotti e delle Brigate "Italia Libera". L'evento più drammatico che subì la Resistenza locale fu il «rastrellamento del Grappa» del settembre 1944 (più di 500 morti e 400 deportati), che culminò il 26 settembre 1944 con l'eccidio di Bassano con 31 impiccagioni nei viali cittadini. Responsabile di queste atrocità fu il vicebrigadiere delle SS Karl Franz Tausch.
Il 17 febbraio 1945 un gruppo di 15 partigiani comandati da Primo Visentin (nome di battaglia "Masaccio") fece saltare il Ponte vecchio: ci furono due vittime. Per rappresaglia i nazisti prelevarono dalle prigioni tre partigiani e li fucilarono sul ponte (Federico Alberti, Cesare Lunardi e Antonio Zavagnin).
Il 28 aprile 1945 anche Bassano del Grappa fu liberata. L'elevato numero di vittime alla fine della guerra valse alla città del Grappa la Medaglia d'oro al valor militare per la guerra di liberazione.
Nel dopoguerra l'industria, l'artigianato e il commercio hanno contribuito all'espansione della città, un'espansione caotica e priva di una pianificazione, dando luogo ad una vasta superficie di città a bassa densità intervallata da residue zone agricole, situazione comune a molti centri del nord-est. Considerando l'agglomerazione urbana, si può notare come il comune di Bassano sia fuso con quelli di Campolongo sul Brenta e Solagna a nord, Romano d'Ezzelino e di Pove del Grappa a nord-est, oltre che con l'area più popolata del comune di Cassola ad est. A sud l'espansione edilizia ha fatto sì che venissero inglobati i nuclei di Rosà, Travettore (nello stesso comune di Rosà), Cartigliano e Nove.
IL PONTE DEGLI ALPINI, SIMBOLO DI UNA CITTA'
« Sul ponte di Bassano / là ci darem la mano / là ci darem la mano / ed un bacin d'amor / Per un bacin d'amore / succedon tanti guai / non lo credevo mai / doverti abbandonar / Doverti abbandonare / volerti tanto bene / è un giro di catene / che m'incatena il cor / Che m'incatena il cuore / che m'incatena il fianco / non posso far di manco / di piangere e sospirar » (dalla canzone popolare "Sul Ponte di Bassano".)
Il ponte di Bassano sul Brenta, detto Ponte Vecchio, è noto anche come "ponte degli Alpini" ed è il soggetto e il titolo di un canto popolare alpino (che avete ascoltato aprendo questa pagina). Questo ponte fin dall'antichità costituiva la via di comunicazione principale fra Bassano e Vicenza. Nel 1209 si ebbe la sua prima costruzione databile. Questa struttura fu definitivamente travolta dalle piene del fiume nell'ottobre del 1567. Andrea Palladio nel 1569 progettò il nuovo ponte, proponendo inizialmente un progetto completamente diverso dal precedente, ovvero a tre arcate di pietra sul modello degli antichi ponti romani (ricopiando il contemporaneo progetto del Ponte sul Tesina). Il Consiglio cittadino bocciò il progetto, imponendo all'architetto di non discostarsi troppo dalla struttura tradizionale. Così nell'estate 1569 Palladio tornò ad un progetto su struttura in legno, in modo tale che la sua elasticità fosse in grado di contrastare l'impetuosità del fiume Brenta, ma di grande impatto visivo. Il ponte totalmente ligneo, lungo 58 metri, poggia su 4 piloni di legno di forma triangolare, allineati al flusso d'acqua, ed è ricoperto da un tetto sostenuto da colonne tuscaniche. Ancora nel 1748 il ponte fu nuovamente travolto da una piena; fu poi ricostruito tre anni dopo da Bartolomeo Ferracina.
Durante la seconda guerra mondiale il ponte fu fatto saltare dai partigiani il 17 febbraio 1945 per proteggere la città. Fu ricostruito nel 1947, secondo l'originale disegno di Palladio, in nove mesi. Successivamente al nome Ponte Vecchio si aggiunse la dicitura ponte degli Alpini in quanto furono tra i principali sostenitori della sua ricostruzione. Dal ponte si gode di un'ottima vista sulle montagne circostanti e sul canale del Brenta.
Per ricordare la ricostruzione del Ponte degli Alpini, il 3 ottobre 1948 fu emesso un francobollo commemorativo del valore di 15 Lire che raffigura il profilo di un alpino con il Ponte di Bassano sullo sfondo.
« Sul ponte di Bassano / là ci darem la mano / là ci darem la mano / ed un bacin d'amor / Per un bacin d'amore / succedon tanti guai / non lo credevo mai / doverti abbandonar / Doverti abbandonare / volerti tanto bene / è un giro di catene / che m'incatena il cor / Che m'incatena il cuore / che m'incatena il fianco / non posso far di manco / di piangere e sospirar » (dalla canzone popolare "Sul Ponte di Bassano".)
Il ponte di Bassano sul Brenta, detto Ponte Vecchio, è noto anche come "ponte degli Alpini" ed è il soggetto e il titolo di un canto popolare alpino (che avete ascoltato aprendo questa pagina). Questo ponte fin dall'antichità costituiva la via di comunicazione principale fra Bassano e Vicenza. Nel 1209 si ebbe la sua prima costruzione databile. Questa struttura fu definitivamente travolta dalle piene del fiume nell'ottobre del 1567. Andrea Palladio nel 1569 progettò il nuovo ponte, proponendo inizialmente un progetto completamente diverso dal precedente, ovvero a tre arcate di pietra sul modello degli antichi ponti romani (ricopiando il contemporaneo progetto del Ponte sul Tesina). Il Consiglio cittadino bocciò il progetto, imponendo all'architetto di non discostarsi troppo dalla struttura tradizionale. Così nell'estate 1569 Palladio tornò ad un progetto su struttura in legno, in modo tale che la sua elasticità fosse in grado di contrastare l'impetuosità del fiume Brenta, ma di grande impatto visivo. Il ponte totalmente ligneo, lungo 58 metri, poggia su 4 piloni di legno di forma triangolare, allineati al flusso d'acqua, ed è ricoperto da un tetto sostenuto da colonne tuscaniche. Ancora nel 1748 il ponte fu nuovamente travolto da una piena; fu poi ricostruito tre anni dopo da Bartolomeo Ferracina.
Durante la seconda guerra mondiale il ponte fu fatto saltare dai partigiani il 17 febbraio 1945 per proteggere la città. Fu ricostruito nel 1947, secondo l'originale disegno di Palladio, in nove mesi. Successivamente al nome Ponte Vecchio si aggiunse la dicitura ponte degli Alpini in quanto furono tra i principali sostenitori della sua ricostruzione. Dal ponte si gode di un'ottima vista sulle montagne circostanti e sul canale del Brenta.
Per ricordare la ricostruzione del Ponte degli Alpini, il 3 ottobre 1948 fu emesso un francobollo commemorativo del valore di 15 Lire che raffigura il profilo di un alpino con il Ponte di Bassano sullo sfondo.
Villa Angarano fu originariamente concepita da Andrea Palladio intorno al 1548 ma solo le ali laterali furono costruite su progetto del celebre architetto. Il corpo centrale è opera di Baldassare Longhena nel Seicento.
L'edificio è dal 1996 nell'elenco dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO, assieme alle altre ville palladiane del Veneto.
Della villa che Palladio progettò per il suo grande amico Giacomo Angarano nei dintorni di Bassano del Grappa esiste ben poco: solamente due barchesse che affiancano un corpo padronale dall'aspetto chiaramente seicentesco. La tavola dei Quattro libri dell'architettura di Palladio (II, p. 63) ci restituisce la planimetria del complesso nelle intenzioni dell'architetto: due barchesse piegate a “U” che serrano un corpo padronale fortemente sporgente.
Dai documenti sappiamo che sul sito preesisteva un edificio abitato da Giacomo: probabilmente fu per questo che si iniziarono i lavori dalle barchesse, lavori che si arrestarono prima di coinvolgere la ristrutturazione dell'antica casa, attuata in seguito, non certo secondo il progetto palladiano. In realtà non è sicura nemmeno la data di progettazione della villa. Tradizionalmente viene fatta risalire alla fine degli anni quaranta del Cinquecento, con solide argomentazioni, ma è possibile che sia invece connessa all'improvvisa eredità del fratello Marcantonio che Giacomo ottiene nel 1554, anche considerando che due anni più tardi questi acquisirà importanti cariche pubbliche a Vicenza. Angarano è un appassionato di architettura e stretto amico di Palladio, il quale nel 1570 gli dedica la prima metà dei Quattro Libri. 18 anni più tardi Giacomo è però costretto a restituire alla famiglia di sua nuora, rimasta vedova, l'intera dote, e ciò provoca un collasso finanziario che lo costringe a vendere la villa al patrizio veneziano Giovanni Formenti. Attualmente sede di una Azienda Agricola gestita dalle cinque sorelle attuali proprietarie, le sorelle Bianchi-Michiel.
L'edificio è dal 1996 nell'elenco dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO, assieme alle altre ville palladiane del Veneto.
Della villa che Palladio progettò per il suo grande amico Giacomo Angarano nei dintorni di Bassano del Grappa esiste ben poco: solamente due barchesse che affiancano un corpo padronale dall'aspetto chiaramente seicentesco. La tavola dei Quattro libri dell'architettura di Palladio (II, p. 63) ci restituisce la planimetria del complesso nelle intenzioni dell'architetto: due barchesse piegate a “U” che serrano un corpo padronale fortemente sporgente.
Dai documenti sappiamo che sul sito preesisteva un edificio abitato da Giacomo: probabilmente fu per questo che si iniziarono i lavori dalle barchesse, lavori che si arrestarono prima di coinvolgere la ristrutturazione dell'antica casa, attuata in seguito, non certo secondo il progetto palladiano. In realtà non è sicura nemmeno la data di progettazione della villa. Tradizionalmente viene fatta risalire alla fine degli anni quaranta del Cinquecento, con solide argomentazioni, ma è possibile che sia invece connessa all'improvvisa eredità del fratello Marcantonio che Giacomo ottiene nel 1554, anche considerando che due anni più tardi questi acquisirà importanti cariche pubbliche a Vicenza. Angarano è un appassionato di architettura e stretto amico di Palladio, il quale nel 1570 gli dedica la prima metà dei Quattro Libri. 18 anni più tardi Giacomo è però costretto a restituire alla famiglia di sua nuora, rimasta vedova, l'intera dote, e ciò provoca un collasso finanziario che lo costringe a vendere la villa al patrizio veneziano Giovanni Formenti. Attualmente sede di una Azienda Agricola gestita dalle cinque sorelle attuali proprietarie, le sorelle Bianchi-Michiel.
Uscendo da Bassano del Grappa e dirigendosi verso la Valsugana, si scorgono sulle pendici che sovrastano la riva destra del Brenta un campanile dalla caratteristica cuspide aguzza e una piccola chiesa settecentesca immersa nel verde dei colli e degli ulivi. Si tratta dell’antica pieve dedicata a Sant’Eusebio - lo strenuo difensore della fede cattolica che fu vescovo di Vercelli fino al 371 -, ultima parrocchia della nostra diocesi sul confine con la vicina diocesi di Padova.
La zona fu stabilmente abitata fin dall’antichità pre-romana, anche se per trovare le prime notizie certe della Pieve e della comunità sociale e religiosa che vi si era attorno costituita dobbiamo attendere almeno il XIII secolo. A quel tempo dalla Pieve di Sant’Eusebio dipendeva tutto il territorio detto di Angarano (autonomo da Bassano fino al 1812) con le tre chiese campestri di San Giorgio, San Michele e Santissima Trinità. La chiesa attuale fu edificata nel Settecento: in quegli anni, sulla scia del rinnovamento degli edifici ecclesiastici che caratterizzò tutta la diocesi vicentina, venne demolita l’ormai precaria pieve medievale. Il nuovo edificio, attribuito all’architetto bassanese Giovanni Miazzi, venne consacrato il 25 luglio 1761 dal cardinale Marino Priuli, vescovo di Vicenza. Già in quegli anni il numero elevato di chiese e cappelle esistenti nel territorio della pieve rendeva difficile una cura pastorale unitaria ed efficace. La situazione venne sempre più acuendosi sino a che, nel 1877, Santissima Trinità fu eretta a parrocchia autonoma e così pure San Michele, qualche decennio più tardi. La gloriosa storia della Pieve di Sant’Eusebio veniva ricompensata attribuendo alla chiesa il titolo di “arcipretale”, a ricordo della sua funzione di “chiesa madre” per le parrocchie vicine. Inizia qui quella che potremmo
definire la storia più recente della comunità come oggi la possiamo vedere.
La zona fu stabilmente abitata fin dall’antichità pre-romana, anche se per trovare le prime notizie certe della Pieve e della comunità sociale e religiosa che vi si era attorno costituita dobbiamo attendere almeno il XIII secolo. A quel tempo dalla Pieve di Sant’Eusebio dipendeva tutto il territorio detto di Angarano (autonomo da Bassano fino al 1812) con le tre chiese campestri di San Giorgio, San Michele e Santissima Trinità. La chiesa attuale fu edificata nel Settecento: in quegli anni, sulla scia del rinnovamento degli edifici ecclesiastici che caratterizzò tutta la diocesi vicentina, venne demolita l’ormai precaria pieve medievale. Il nuovo edificio, attribuito all’architetto bassanese Giovanni Miazzi, venne consacrato il 25 luglio 1761 dal cardinale Marino Priuli, vescovo di Vicenza. Già in quegli anni il numero elevato di chiese e cappelle esistenti nel territorio della pieve rendeva difficile una cura pastorale unitaria ed efficace. La situazione venne sempre più acuendosi sino a che, nel 1877, Santissima Trinità fu eretta a parrocchia autonoma e così pure San Michele, qualche decennio più tardi. La gloriosa storia della Pieve di Sant’Eusebio veniva ricompensata attribuendo alla chiesa il titolo di “arcipretale”, a ricordo della sua funzione di “chiesa madre” per le parrocchie vicine. Inizia qui quella che potremmo
definire la storia più recente della comunità come oggi la possiamo vedere.
Il "Romitorio di San Bovo" come veniva chiamato è situato a 330 metri sul livello del mare. La più antica notizia certa risale al 1742, ma alcuni graffiti possono essere attribuiti all'età del ferro e sicuramente all'epoca medioevale. Oggi, restaurato, è un ameno sito ancora carico di misticismo. (da "Eremo di San Bovo" prof. A.Chemin).
Tra Valrovina e San Michele, si trova il torrente Silan, che crea l'omonima Valle del Silan. La valle prevalentemente calcarea si presenta uniforme e facile da percorrere per il visitatore, che rimarrà stupito dalle "Cascate del Silan" con la sorgente presso Valrovina, scendendo verso la pianura e passando per San Michele. Nel percorso del torrente si formano una serie di cascate, che non raggiungono mai un'altezza elevata, ma che formano delle pozze al di sotto dalle notevoli dimensioni. I versanti vallivi sono interamente coperti dal bosco, mentre un tempo era presente un antico castagneto.